Corriere della Sera

Noi calciatric­i, offese e vincenti

- di Federica Seneghini fseneghini@corriere.it

«Ma il vostro pallone è grande come quello dei maschi?». «E la porta ha le stesse dimensioni?». «Le regole sono le stesse?». Quante volte Chiara Marchitell­i, 30 anni, portiere del Brescia e giocatrice della Nazionale si è sentita rivolgere queste domande. E quante volte ha dovuto spiegare che no, giocando a calcio non si diventa più maschili, tanto meno lesbiche. Né più pelose, o muscolose. La solita storia. «Quello che mi ferisce di più, però, è che si parla di calcio femminile solo quando qualcuno spara una battuta del genere, come ha fatto Belloli. Invece sabato prossimo ci sarà la finale di Coppa Italia. E chissà se allo stadio ci saranno anche quelli che oggi si indignano».

Sono offese le donne del calcio italiano. E dopo le dichiarazi­oni del presidente della Lega dilettanti, Felice Belloli («Basta dare soldi a queste quattro lesbiche») anche molto arrabbiate. Un esercito fatto da oltre 12 mila atlete. Tutte dilettanti, perché la Lega Profession­isti per le donne non esiste. Con stipendi inesistent­i o camuffati da rimborsi spese. Tutte con carriere invisibili anche per chi milita in Nazionale. Costrette a chiarire, da quando sono piccole, che sì, anche le donne giocano a calcio. E non è uno sport da maschi o da femmine. «Ma uno sport e basta, come tutti gli altri», dice Marchitell­i.

Lo sa bene Sara Gama, 26 anni, terzino della Nazionale, che nel 2013 ha fatto il grande salto ed è volata in Francia, dove milita nel Paris St. Germain. Giovedì era a Berlino con la sua squadra per la finale di Champions contro il Francofort­e, prima donna del calcio italiano a ottenere un simile risultato. «Il match è stato trasmesso su France2 e allo stadio a vederci giocare c’era anche la cancellier­a Merkel». Sugli spalti: gli ultrà della squadra maschile («che vengono sempre allo stadio a tifare»), il presidente della Uefa Michel Platini, e la sindaca di Parigi, Anne Hidalgo («che ha fatto il viaggio in aereo con noi»). «Quando la mia compagna di squadra Laura Georges, fresca di nomina ad ambasciatr­ice Uefa per il calcio femminile, è venuta a riferirmi le parole di Belloli, aveva una faccia schifata. Incredula. Perché in Francia è inconcepib­ile che un dirigente sportivo azzardi affermazio­ni simili».

In Italia invece c’è chi ai pregiudizi ha fatto l’abitudine. Come Martina Rosucci, 23 anni, centravant­i del Brescia e della Nazionale: «Dai 9 ai 13 anni ho giocato in squadra con il mio gemello. E spesso c’era chi, candidamen­te, ignorava lui e chiedeva a me: “Perché non vai a fare danza?”. Anche mia madre all’inizio era diffidente. Poi però, di fronte al mio entusiasmo e alla mia costanza, le è passata». Pallone azzurro 2014, 100 presenze in nazionale, Rosucci di aneddoti di ordinaria diffidenza ne può raccontare a decine. Come «quella volta che, da bambina, un ragazzino che giocava nella squadra avversaria mi tirò i capelli. Così, per scherzo, in campo. Ci rimasi malissimo. Ma a me alla fine è andata anche bene. Alcune mie amiche hanno dovuto subire abusi più gravi. E forse è questa la cosa più difficile per le calciatric­i: riuscire a essere atlete oltre ai pregiudizi».

Offese che fanno ancora più male a chi al calcio ha dedicato la vita. Come Gloria Marinelli, 17 anni. Fino a tredici anni ha vissuto e giocato nel campetto del suo paese, ad Agnone, provincia di Isernia. «Poi un giorno l’allenatore del Perugia mi vide giocare e mi offrì un posto in squadra». Lei, valigia in una mano e scarpini in borsa, partì. «Genitori e amici mi hanno incoraggia­ta». Oggi la sua giornata tipo è fatta di libri e pallone.

«Perché non fai danza?», «Sei maschio?» Sessismo e pregiudizi in campo e fuori Vita da giocatrici della Nazionale azzurra L’italiana di Francia Sara Gama, in finale di Champions con il Psg: a vederci c’erano Merkel, Platini e gli ultrà I successi Marchitell­i, portiere: «È sport, non da uomini o donne». Le under 17 sono terze al mondo

«La mattina vado a scuola, di pomeriggio faccio i compiti. Poi la sera, dalle 19.30 alle 21.30, mi alleno. Tutti i giorni. La domenica c’è partita. A casa torno tre volte l’anno. Per questo mi arrabbio quando c’è chi chiede come facciamo a giocare quando abbiamo il ciclo, o perché ho scelto questo sport».

Contano i risultati. Spesso migliori dei colleghi maschi, anche se poco noti agli amanti del calcio. Come quello delle azzurrine dell’Under 17 che, l’anno scorso, ai Mondiali in Costa Rica, ignorate da tutti si sono portate a casa un terzo posto storico: nessuna Nazionale giovanile di calcio, maschile o femminile, aveva mai vinto una medaglia a un Campionato del mondo. Il premio: una gita al mare.

 ??  ?? Campioness­a Sara Gama terzino della nazionale (nella foto Reuters, agli Europei 2009) e del Paris St Germain. È la prima italiana ad aver partecipat­o a una finale di Champions (persa 2-1 giovedì a Berlino contro il Francofort­e)
Campioness­a Sara Gama terzino della nazionale (nella foto Reuters, agli Europei 2009) e del Paris St Germain. È la prima italiana ad aver partecipat­o a una finale di Champions (persa 2-1 giovedì a Berlino contro il Francofort­e)

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