«Maglie senza cuciture e taglie. Così ci siamo reinventati »
Come rilanciare un marchio, 100 per 100 made in Italy, troppo «prudente»? Il caso Liola
Sono davvero poche le griffe che possono fregiarsi di un’etichetta 100 per cento made in Italy (ben più del semplice «made in», che secondo le norme europee indica soltanto il luogo dell’ultima lavorazione prevalente). Una di queste è Liola, azienda di Borgomanero che Milena Gabanelli nel suo «Report» ha inserito tra le «Good News».
La buona notizia è che nel maglificio piemontese il ciclo produttivo è davvero tutto italiano, «si parte dalla produzione del filato e si arriva alla maglia finita», racconta Vittorio Giulini, che guida l’azienda fondata nel 1958 dal padre Leopoldo partendo dalle filature e tessiture di famiglia. Negli anni del boom economico, Liola s’impone tra le donne come vessillo del prêt-à-porter italiano, allargando la produzione a tre stabilimenti. Oggi, a portare avanti la tradizione dei filati morbidi, che non rinunciano mai al tocco creativo, in azienda sono rimaste 100 persone, in prevalenza donne. Con l’aiuto di modernissime macchine rettilinee e circolari (queste made in Germania) realizzano le nuove collezioni di capispalla e gonne in maglia e jersey vendute tra Europa, Giappone e Cina. E proprio un approccio nuovo alla maglia — più «fresco», più giovanile — è il «cuore» della recente svolta dell’azienda, alla ricerca di nuovi mercati e di una fetta nuova di clienti. Tempismo perfetto, perché la maglia è tornata di tendenza: rappresenta la nuova eleganza, più disinvolta e confortevole. E Giulini lo sa bene da esperto quale è, avendo ricoperto a lungo il ruolo di presidente di Sistema Moda Italia negli anni d’oro del nostro fashion.
«Il nostro prodotto era considerato troppo conservative, prudente — ammette l’imprenditore —. Per conquistare le donne del mondo, notoriamente attratte dalla sperimentazione, puntiamo su una serie nuova di prodotti e sull’ambizione di trasformare la tecnologia in arte». Ringiovanire è l’eterna sfida della moda. Come? «Puntando su stile e co-
municazione».
Il design, per cominciare. La maglia della primavera estatestate è color block. Si portporta con la manica rovesciata vescirovesciata per esibire il dettaglio tagliodettaglio che fa la differenza: non ci sono cuciture. Dieci toni diversi,d giallo, azzurro, ro,azzurro, vverde, arancio, rosso, celeceleste. Realizzata a punto topunto linlinks in lino-cotone in un pezpezzo unico (sulle macchine chinemacchine rettilinee),r è modellata latamodellata cocon le diminuzioni dei punti. Caratteristica che le permepermette di essere portata effetto over o slim (prezzo al pubpubblico 110 euro).
AncAnche la tunica-abito del prprossimo autunno è «No tagliatag». «Nei filati naturali, rali,naturali, si puòpu sfoggiare over sul jeans o sul legging con gli anfibi bianfibi oppure come una maglia (veste fino alla taglia XXL)» osserva servaosserva GiulGiulini.
Il compito di interpretare la nuova immagine della maglia sofisticata a piccoli prezzi è stato affidato al fotografo Livio Bez e alla modella Esmee Verholen (già volto di Missoni e Diesel). Sul set le giacchette in jersey multicolor tridimensionali stile Chanel, tutte destrutturate, si prestano al gioco dei contrasti, indossate con un jeans stracciato e uno stivaletto.
Per i primi freddi si può scegliere tra il paltò di lana dégradé, il kimono o il poncho; il cardigan a collo alto con zip pesa 300 grammi per essere portato in borsa e può essere abbinato alla gonna a fiori stampata; la maglia è sempre morbida e si può richiedere anche con la sciarpona che fa da maxicollo. Un po’ come dalla magliaia di fiducia. Dettagli italiani da preservare.