Corriere della Sera

Mercato, panchina e possibili soci Tutto il Milan aspetta Berlusconi

Emery congelato, rinnovi rimandati. Il patron prende tempo e potrebbe restare da solo

- Arianna Ravelli a.arz.

Finora c’è stato soprattutt­o un mercato virtuale: l’organigram­ma scritto e diffuso da chi si proponeva come entourage di Mr Bee e forse non lo era poi tanto, le mosse degli uomini del fondo Doyen Sports (advisor tecnici solo nel caso in cui Silvio Berlusconi concluderà la trattativa con il magnate thailandes­e) che hanno già avviato i primi contatti parlando da rossoneri in carica (è successo con Unai Emery a Siviglia). Tutto prematuro. La verità è che il Milan è in stand by: o meglio, Berlusconi ha messo in stand by tutti i pretendent­i soci e, di conseguenz­a, ancora non è possibile tracciare le linee di un progetto per il futuro.

Adriano Galliani, dopo aver testato le prime disponibil­ità sul fronte allenatori (lo stesso Emery, prima ancora Mihajlovic) è stato costretto a cliccare sul tasto pausa. Tutto congelato (e nel frattempo Sinisa, ammesso che convincess­e Berlusconi, è stato contattato dal Napoli). Il presidente del Palermo Maurizio Zamparini è andato ad Arcore per parlare di Dybala (che si era comunque già messo d’accordo con la Juve) e anche a lui è stato detto che il Milan non poteva rispondere subito. I giocatori in scadenza di contratto, e sono tanti, non hanno ancora cominciato a parlare della loro situazione (l’unico sicuro del rinnovo è Abate), le ultime partite (domani alle 12.30 c’è il Sassuolo a Reggio Emilia) scorrono senza che né Inzaghi (sicuro di lasciare) né la squadra possano trovarvi un senso.

Tutti attendono Berlusconi: la sua decisione sul socio (di minoranza o di maggioranz­a), che potrebbe portare soldi freschi, ma anche imporre le proprie scelte. Quest’ultimo scenario, per la verità, sta diventando il meno probabile. I giorni passano, le elezioni regionali impongono che le attenzioni del presidente vengano deviate dal Milan, e tutti, dentro e fuori la società, hanno cerchiato sul calendario la prima settimana di giugno per avere notizie. Ma non bisognereb­be poi sorprender­si se, ai primi di giugno, tutto fosse ancora come ora. Con Berlusconi saldamente al comando e Galliani costretto a dover inventare un mercato con disponibil­ità limitate.

In fondo, il 1° maggio, sul tavolo, il presidente si è trovato di fronte a un’offerta nero su bianco. Quella di mr Bee: offerta che, dicono anche certi analisti finanziari, era decisament­e convenient­e. Eppure, messo di fronte a un sì o un no, il presidente — forse poco convinto delle garanzie fornite da Taechaubol, più probabilme­nte con l’intimo desiderio di non vendere — ha preso tempo. Dall’altra parte, ci sono i progetti grandiosi, ma per ora più vaghi, presentati dalle cordate cinesi, che si sfidano per accontenta­re le voglie di calcio del primo ministro (e pare sia già stata firmata una lettera d’intenti anche con uno di questi). Questi gruppi hanno chiesto tempo e Berlusconi in fondo è ben contento di concederlo. Se questo è vero, è possibile che il prossimo mercato debba essere impostato esattament­e come gli ultimi: pochi soldi e tanta fantasia (magari realizzand­o una plusvalenz­a con la sorpresa Ménez), più però un entusiasmo ritrovato da parte di Berlusconi. Come va ripetendo in questi giorni Galliani, il Milan non può essere fermo, perché ha una proprietà e un ad legittimam­ente in carica che lavorano. Però fa una certa differenza sapere se si potrà contare su risorse aggiuntive o no.

Il presidente ha più volte ripetuto che il piano B è il Milan di soli italiani: ma anche a quello si arriverà per forza gradualmen­te. L’ad ha comunque le idee chiare su alcuni punti base: in panchina i primi obiettivi restano Ancelotti e Conte (Montella è sempre fuori portata per la clausola rescissori­a da 5 milioni): per convincere però due big della panchina simili serve un progetto chiaro. Ecco perché, al netto di cinesi e thailandes­i, il Milan ha, ora come non mai, bisogno di una risposta di Berlusconi. «Tre finali», Sinisa Mihajlovic e Stefano Pioli all’unisono. Il secondo può sommare anche la quarta, quella fuor di metafora, la finale di Coppa Italia di mercoledì con la Juve. Grazie alla quale la Lazio ha ottenuto il posticipo del derby, dalle 15 di domenica 24 a lunedì 25 in orario ancora da definire. Il che concede ai biancocele­sti un po’ di fiato, ma non toglie ansia per la sfida di stasera a Marassi, con la Lazio super rimaneggia­ta che si gioca tutti gli obiettivi (Champions e Coppa Italia) in una settimana e con la Sampdoria che proverà a staccare le concorrent­i all’Europa League. «Abbiamo preparato la torta, manca solo la ciliegina — dice Mihajlovic, —. Inter e Genoa non mollano e non possiamo permetterc­i di fare conti». Di certo Sinisa, che punta sul tridente SorianoEto’o-Muriel, si augura di avere la stessa fortuna degli altri ex laziali che nelle ultime due settimane hanno punito la Lazio: Reja-Biava e ManciniHer­nanes. E Pioli, costretto a rinunciare a Biglia (stagione finita), a lasciare De Vrij in panchina (Novaretti-Ciani centrali) e a puntare tutto sul tridente (Felipe Anderson, Klose, Candreva), ha il timore inverso, ma con l’aggiunta dell’arbitro dopo le polemiche post Inter: «Siamo al dunque, ci serve coraggio. Spero solo che Mazzoleni sia il migliore in campo».

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