Potevano fermare l’assassino
Milano, il metal detector del tribunale suonò: ma nessuno perquisì Giardiello
L’assassino poteva essere fermato. Claudio Giardiello, autore della strage del 9 aprile nel Palazzo di Giustizia di Milano, potrebbe essere entrato in Tribunale non dall’unico varco senza metal detector, ma da un ingresso normale, superando i controlli e nonostante il metal detector avesse suonato l’allarme: è l’ipotesi su cui lavora la Procura di Brescia
fatti, il film che si snoda sembra essere questo. C’è una persona che, davanti a Giardiello, entra sotto il metal detector, l’apparato si illumina (ovviamente nell’immagine non si sente anche il suono che segnala il rilevamento di qualche oggetto metallico), e le guardie all’ingresso controllano la persona con lo scanner manuale prima di lasciarlo passare, come avviene abitualmente quando il controllo accerta che il metal detector suona perché uno ha monete in tasca o ha la cintura con una fibbia metallica. Segue una seconda persona, che sembrerebbe essere appunto Giardiello, il quale appoggia sul nastro trasportatore una borsa (che dunque viene passata ai raggi x) e poi entra sotto il metal detector: l’apparato si accende anche in questo caso ma, a differenza che nel precedente, le guardie sembrano far cenno a Giardiello di passare, senza sottoporlo a scanner manuale. Segue una terza persona, anche qui si accende il metal detector, e le guardie lo controllano con lo scanner manuale. Le nuove conseguenze Se l’interpretazione dei fotogrammi di scarsa qualità dovesse essere confermata, e non stravolta dall’incrocio con altri futuri elementi delle indagini delegate dai pm di Brescia al Nucleo Investigativo dei carabinieri di Milano, si determinerebbe una cascata di conseguenze. Intanto cambierebbero le persone potenzialmente chiamate in causa: non più le guardie che a quell’ora di quel giorno lavoravano in via Manara, ma quelle che erano di servizio in via San Barnaba. Poi potrebbero cambiare anche le società private di vigilantes interessate: in via Manara operava personale di una sola azienda, mentre negli altri cinque varchi ci sono guardie o tutte di un altro raggruppamento di imprese o miste tra le due aziende. Inoltre potrebbe spostarsi, e di parecchio, il baricentro delle conseguenze risarcitorie in sede civile nelle cause che le famiglie delle vittime e dei feriti intenteranno sicuramente nei prossimi mesi: bilancia pesante più verso lo Stato se l’assassino dovesse essere entrato (pur di straforo) da un varco non presidiato da metal detector per decisione delle autorità preposte, più verso la società di vigilantes se invece dovesse aver superato indenne un canonico controllo al metal detector. Le intenzioni del killer Se la nuova ricostruzione fosse confermata, porrebbe anche l’interrogativo — ai limiti della psichiatria — se Giardiello, avendo la certezza che il metal detector avrebbe rilevato la sua pistola, avesse voluto inconsciamente essere scoperto e fermato nel progetto omicida al quale, a parole, aveva più volte fatto deliranti riferimenti con amici e conoscenti. Oppure, se quel suo passare indenne sotto il metal detector sia stato l’ultimo incredibile anello di una catena di coincidenze e fatalità e falle nella sicurezza, nessuna da sola sufficiente ma tutte insieme necessarie per concorrere a causare la strage. Ritorna alla memoria quel mozzicone di frase che Giardiello avrebbe mormorato ai carabinieri al momento dell’arresto: «Quando ho superato il varco ho pensato: se mi fanno passare con la pistola, lo faccio...».
Dopo l’arresto Disse: «All’ingresso ho pensato: se mi fanno passare con la pistola, lo faccio»