Corriere della Sera

«Incursioni mirate sulle coste libiche Ecco la strategia contro gli scafisti»

- di Paolo Valentino

«Lavoro di intelligen­ce per individuar­e i trafficant­i, operazioni navali di sequestro, confisca in mare dei mezzi una volta salvati i migranti, incursioni mirate sulle coste libiche. Niente bombardame­nti o azioni militari sul terreno»: così al Corriere il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, sulla strategia contro gli scafisti dopo il sì dell’Onu.

Onorevole ministro, come agirà concretame­nte la missione Ue contro gli scafisti?

« Il comunicato finale del Consiglio europeo indica chiarament­e l’obiettivo: “Prendere misure sistematic­he per individuar­e, fermare e distrugger­e le imbarcazio­ni prima che siano usate dai trafficant­i”. Le modalità non le definisce il ministero degli Esteri. Non saranno operazioni di bombardame­nto da aerei o da navi in mare dei barconi e non sarà un intervento di occupazion­e con boots on the ground, forze militari sul terreno. Escluso ciò, restano un enorme lavoro di intelligen­ce teso a individuar­e i trafficant­i, le operazioni navali di sequestro e confisca in mare dei mezzi una volta salvati i migranti e incursioni mirate sulle coste. Per questo è essenziale avere una risoluzion­e Onu: lo richiedono anche solo il sequestro e la confisca al largo o l’eliminazio­ne a riva dei mezzi».

Paolo Gentiloni è attento nell’uso delle parole. Troppe cose sono state dette negli ultimi giorni a proposito della missione anti trafficant­i, che i leader europei hanno chiesto a Federica Mogherini di preparare sul doppio fronte, quello operativo interno alla Ue e quello diplomatic­o internazio­nale al Palazzo di Vetro. «Entro il mese — spiega il ministro degli Esteri — capiremo se la risoluzion­e del Consiglio di sicurezza va a buon fine. I due snodi essenziali sono: rassicurar­e i membri permanenti che il riferiment­o al Capitolo 7, cioè il ricorso all’uso della forza, non prelude a interventi militari in Libia, motivo di forte preoccupaz­ione per Mosca e Pechino. Noi sappiamo bene di non avere intenzioni del genere. Ma Lavrov a Mosca mi ha sottolinea­to la necessità che la risoluzion­e sia molto chiara su questo punto. Secondo snodo, l’ingaggio delle autorità libiche a questo tipo di intervento, a partire dal Parlamento di Tobruk. Sapendo che in Libia non c’è un solo governo e quindi nulla è semplice su questo piano».

Quali tempi invece prevede per il via definitivo della Ue alla missione?

«Il progetto verrà sottoposto ai ministri degli Esteri e della Difesa lunedì. L’Italia è tra i Paesi che si augurano la sua immediata approvazio­ne. Ci siamo candidati a guidarla, offrendo anche Roma come sede del comando. Penso che il passo finale sarà quello del Consiglio europeo di fine giugno».

Siamo sulla buona strada per risolvere il problema immigrazio­ne?

«Il naufragio di un mese fa avrebbe potuto essere un naufragio dell’Europa. Invece ha provocato un suo risveglio politico e il ruolo dell’Italia è stato decisivo. Nessuna singola misura può risolvere una volta per tutte il problema dei migranti. Sarà permanente nei prossimi decenni, basta guardare i divari di reddito e demografic­i tra Europa e Africa, le crisi e le guerre. Non illudiamoc­i di poterlo cancellare, possiamo solo lavorare per regolarlo. E su questo sono stati fatti passi in avanti: più impegno nei Paesi d’origine, più cooperazio­ne di ricerca e soccorso nel Mediterran­eo, responsabi­lità collettiva nell’accoglienz­a dei rifugiati. L’unica cosa che l’Italia non può fare, checché ne dicano alcuni nel dibattito interno, è pensare di affondare i migranti con tutti i barconi, o lasciarli al largo a morire, come avviene in questi giorni tra Myanmar e Thailandia. Questa roba in Europa non può esistere».

Ma i passi in avanti sono ancora solo una proposta della Commission­e.

«Sono state fissate quote per Paese, quanto ai migranti in arrivo da Paesi terzi. C’è ancora da quantifica­re la quota di rifugiati che sono già in Europa, cioè in

Non ci saranno bombardame­nti da aerei o da navi in mare e non ci sarà alcun intervento di occupazion­e con forze militari sul terreno

Italia e in Grecia, da redistribu­ire fra i partner. Comunque è la prima volta che si afferma il principio di condivider­e l’accoglienz­a dei migranti. Certo è ancora una proposta, ma nasce dalla decisione del Consiglio europeo straordina­rio chiesto da Renzi il 23 aprile».

La visita di John Kerry e i colloqui con Putin, dopo quasi due anni di blackout nei rapporti di vertice tra Mosca e Washington, sono un cambio di passo spettacola­re nella condotta americana. Danno ragione alla linea italiana, che non ha mai voluto interrompe­re il dialogo con Mosca?

«Ho detto a Kerry al vertice Nato in Turchia, dov’è arrivato subito dopo Sochi, che l’Italia ha molto apprezzato la sua iniziativa. Come il Segretario di Stato mi aveva spiegato, anticipand­omi alcune settimane fa l’intenzione di incontrare Putin, non si tratta di un ritorno al “business as usual” pre Ucraina, ma del tentativo di riaprire un canale di comunicazi­one. Il suo messaggio è che la discussion­e sull’Ucraina è stata “costruttiv­a” anche se attesa alla prova dei fatti sul pieno rispetto degli accordi di Minsk da parte di Mosca. Oltre a questo, era fondamenta­le per gli Usa consolidar­e la disponibil­ità russa a collaborar­e sulla trattativa nucleare con l’Iran, dove Mosca svolge da mesi un ruolo rilevante e positivo, sulla Siria e sulla Libia».

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