Scherzi, umiliazioni E il salto nel vuoto
L’indagine sul ragazzo morto in gita scolastica. Appello del padre ai funerali: ora la verità
L’indagine su Domenico Maurantonio, il ragazzo morto in gita scolastica a Milano: scherzi umilianti, alcol. Poi il salto nel vuoto dal quinto piano dell’hotel Da Vinci. Il padre ai funerali: ora la verità.
Una notte di alcol e scherzi. Iniziati forse già nel pomeriggio di sabato durante la visita all’Expo di Milano, quando Domenico Maurantonio giocando insieme con i compagni di classe si sarebbe procurato quel piccolo ematoma al braccio destro. Una lesione che in un primo momento aveva fatto ipotizzare che qualcuno avesse tentato di trattenere il ragazzo durante la caduta dalla finestra del quinto piano dell’hotel Da Vinci. Ma che comparirebbe già in una foto scattata durante il pomeriggio e scambiata via WhatsApp tra Domenico e un’altra studentessa del liceo scientifico Ippolito Nievo.
Per la ricostruzione definitiva di quanto accaduto durante quella notte serviranno ancora settimane di indagini. Ma con il passare delle ore e il susseguirsi degli interrogatori dei compagni di classe del 19enne, prende sempre più corpo l’ipotesi che lo studente padovano sia morto dopo un’escalation di scherzi e vessazioni. Culminata, all’alba di domenica, nell’umiliazione di essere stato sorpreso dai compagni dopo aver accusato fortissimi malori intestinali in corridoio.
Nonostante le indiscrezioni su alcune posizioni al vaglio dei magistrati, gli inquirenti smentiscono la presenza di indagati. Anche il titolo di reato è coperto dal massimo riserbo. Ufficialmente non si parla neppure del «lassativo» che sarebbe stato fatto assumere per gioco a Domenico dai compagni. Il ragazzo era stato operato per calcoli alla cistifellea, il che avrebbe reso il 19enne ancora più sensibile ad alcol e malori intestinali.
Se dagli stessi racconti dei ragazzi appare certo che domenica notte gli studenti hanno bevuto «molto alcol» e che Domenico è stato lasciato per uno scherzo fuori dalla stanza durante un attacco intestinale impedendogli così di entrare nel bagno, resta da capire come e perché il 19enne sia caduto dalla finestra del corridoio del quinto piano. Gli scenari sono principalmente due. Il primo, e questa è l’ipotesi più drammatica, è che Domenico non abbia retto a quelle «vessazioni» e in preda all’alcol (l’autopsia ne ha confermato la presenza nello stomaco e nell’intestino) possa essere salito sul davanzale della finestra del corridoio ed essersi lasciato cadere nel vuoto. Una tesi smentita dal primo giorno sia dalla famiglia sia dagli insegnanti. E sulla quale la Procura di Milano ha da subito mantenuto grande cautela.
Il secondo scenario è che il ragazzo, mentre si trovava con i compagni o in un momento di solitudine, possa essersi seduto volontariamente sul davanto zale della finestra e, senza scarpe né occhiali, possa essere caduto per quasi venti metri dopo aver perso l’equilibrio. In ogni caso il sospetto è che i compagni di liceo del 19enne fossero a conoscenza di quella caduta — o per essere stati presenti o semplicemente per averlo scoperto pochi minuti dopo — e che non abbiano da- l’allarme. Se per paura, oppure se per il timore delle conseguenze penali delle loro azioni, ancora non si sa. Il pm Claudio Gittardi e gli investigatori della polizia stanno proseguendo gli interrogatori degli studenti, proprio alla ricerca di quella «verità» invocata ieri anche dal legale della famiglia Maurantonio, l’avvocato fiorentino Eraldo Stefani: «I compagni di Domenico parlino per dovere civico».
Gli inquirenti mantengono un silenzio e un riserbo quasi ossessivi sul caso. Tanto che la questura di Milano ha rilasciato un comunicato stampa smentendo qualsiasi ipotesi circolata negli ultimi giorni «e attribuita agli inquirenti». Da un lato c’è da tutelare la memoria della vittima, dall’altro l’immagine dei compagni di classe. Ma c’è anche l’esigenza di fare luce su una tragedia che rappresenta un incubo per migliaia di famiglie che affidano i loro figli ai professori durante le gite scolastiche.
C’erano, i docenti, ieri mattina nella chiesa di Altichiero, periferia verde e borghese di Padova, per i funerali. C’era anche la classe di Domenico, la 5E. Ma mancavano molti studenti del liceo. Pochi anche i genitori. Dal pulpito sia il parroco, don Lorenzo, sia il papà del ragazzo, Bruno, hanno invitato tutti alla verità. Il sacerdote, durante l’omelia, ha ammonito i presenti, senza distinzioni tra insegnanti e studenti: «Se ancora qualcosa non è stato detto, che lo si faccia. Non si può accettare di vivere tenendosi dentro i segreti». Il papà ha parlato alla fine. Ha ricordato il suo figlio unico Domenico, «il mio amico, il mio eroe», e ha fatto appello alla coscienza comune: «Abbiamo il dovere della verità». Nei giorni scorsi la mamma Antonia, dal suo profilo sul social network Facebook, aveva scritto poche righe, ma circostanziate, nette, su suo figlio, «lasciato morire da solo, nell’indifferenza», senza che nessuno desse l’allarme: «Fosse stato male a casa, io almeno avrei chiamato l’ambulanza».
L’ultimo saluto Ieri in chiesa mancavano molti studenti del liceo. Pochi anche i genitori