Il regime mostra segni di cedimento Assad: «Certe battaglie si perdono»
Palmira è la porta orientale per Damasco. Epurazioni e sconfitte, ma Bashar va al contrattacco
Qalamoun al confine con il Libano. Riconquistano posizioni, respingono i ribelli, creano un corridoio sicuro tra Damasco e la costa sul Mediterraneo, un’area protetta verso il porto di Latakia, dove vivono – e si sono rifugiati – gli alauiti, la minoranza che con il clan degli Assad ha controllato il Paese per oltre quarant’anni.
Sono queste le province che il regime non può permettersi di perdere: lo sanno i consiglieri militari iraniani, lo sanno i comandanti dell’organizzazione sciita libanese che sta garantendo la sopravvivenza del dittatore. Lo conferma James Clapper, direttore della National Intelligence americana, nel suo rapporto annuale – letto dalla Casa Bianca - sulle minacce globali: «Il governo ha consolidato il controllo nelle regioni occidentali – scrive alla fine di febbraio – e le considera la chiave per resistere. Sembra non preoccuparsi per ora di aver perso le campagne e il deserto verso l’Iraq».
Le agenzie di spionaggio americane concordano: se il regime riesce a riconquistare tutta Aleppo, diventerebbe improbabile la sua caduta definitiva in tempi brevi.
Le fratture non sono solo territoriali. Anche il circolo ristretto che ha guidato la repressione della rivolta fin dalle prime manifestazioni pacifiche nel marzo del 2011 mostra segni di cedimento. Alla fine di aprile è morto in ospedale Rustom Ghazaleh, potente capo del potentissimo dipartimento politico dei servizi segreti. Le voci sono più numerose delle poche conferme: sar e b b e stato cacciato dall’incarico, l’avrebbero ucciso con dell’aria lasciata filtrare nella flebo che aveva infilata nel braccio. Di sicuro qualche mese prima era stato picchiato dalle guardie di Rafik Shehadeh, altro boss degli apparati. Ghazaleh sarebbe stato malmenato ed eliminato perché si opponeva – come il generale Ali Mamlouk, il capo della Sicurezza Nazionale che sarebbe finito agli arresti domiciliari – alla strategia di lasciare la gestione del conflitto agli Hezbollah e agli iraniani.
L’arroganza e la supremazia degli alleati stranieri avrebbe sfiduciato anche gli alauiti, che rappresentano il 12 per cento della popolazione (la maggioranza nel Paese e tra i ribelli è sunnita). Per la prima volta ci sarebbero state manifestazioni di protesta a Latakia, i genitori avrebbero cercato di fermare il reclutamento forzato dei ragazzi in età per il militare. Assad non può fare a meno di loro che però si sentono abbandonati da lui.
@dafrattini
La guerra
La guerra civile in Siria è cominciata con le prime manifestazioni pacifiche nel marzo del 2011. La repressione del regime di Bashar Assad (foto Reuters) ha portato poi alla ribalta i gruppi islamisti
In pubblico Il presidente, riapparso in pubblico, ha evidenziato le alterne fortune dell’esercito
Il regime sopravvive grazie al sostegno diretto dei miliziani Hezbollah e dell’Iran
Le truppe di Assad concentrano le azioni al confine con il Libano. Tra gli obiettivi, mantenere un corridoio da Damasco a Latakia, rifugio degli alauiti, la minoranza sciita al potere da oltre 40 anni