Corriere della Sera

Il fioraio sopravviss­uto «Vedevo cadere i feriti mentre fuggivo via»

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Tutti pensavano che fosse lui, Giuseppe il fioraio, la vittima della furia omicida di Giulio Murolo, l’infermiere cecchino che venerdì pomeriggio aveva seminato morti e feriti a Secondigli­ano. «Non sono io, per fortuna sono vivo e posso raccontare quell’ora tragica». La vittima si chiamava Luigi Conte e faceva il cuoco al Convitto Nazionale. E il fioraio quasi sente un sopravviss­uto.

Giuseppe e poi? «Il cognome meglio non dirlo. Sapete come vanno queste cose». Ha tre figli, il suo negozio è alle spalle del civico 41, quello dove abita Murolo e dal quale ha cominciato il suo pomeriggio di ordinaria follia. «Stavo servendo un cliente quando ho sentito alcuni colpi provenire dal palazzo». Quei colpi erano diretti alla cognata Concetta Uliano ed al fratello Luigi. Li ha freddati su un terrazzino interno che divideva le abitazioni dei due fratelli. Una rabbia innestata, da quanto hanno ricostruit­o gli investigat­ori, dai panni da stendere.

«Ho svoltato l’angolo — prosegue Giuseppe — ed ho visto tante persone che correvano verso il palazzo. Non capivo, credevo che qualcuno si fosse sentito male. Chiedevo spiegazion­i e nessuno sapeva dirmi nulla». E poi? «È scoppiato l’inferno. Lo abbiamo visto uscire sul balcone armato di un fucile. Appena ha visto la volante della polizia è impazzito: ha cominciato a sparare con uno di quei fucili a pompa che si vedono nei film. Ricaricava, puntava e sparava».

Il racconto diventa tragico, quando entra in scena il capitano

La polizia presidia l’area dove venerdì si è consumata la strage, quando Giulio Murolo ha cominciato a sparare dal balcone di casa sua della polizia municipale ferito a morte mentre cercava di mettere in salvo altre persone. «Cercavamo tutti di metterci al riparo — continua l’uomo —, poi ho visto il capitano che cercava di calmarlo: “Giulio ma che stai facendo”, gli diceva. Ma lui non ascoltava nessuno. Sparava. Ha colpito un’altra persona che

Tiro al bersaglio «Il capitano tentava di calmarlo andandogli incontro. Lui ha mirato e lo ha centrato»

si è accasciata (Vincenzo Cinque, l’altro agente della municipale, ndr), il capitano è andato verso di lui e lo ha centrato».

«Noi, eravamo in tre — racconta Giuseppe —, a quel punto abbiamo cercato di fuggire verso la vicina caserma dei carabinier­i (la sede del X reggimento Campania). Sentivamo le botte (i colpi) che ronzavano dietro le orecchie. Abbiamo saltato anche il corpo del vigile e in quel momento un nostro amico è stato colpito di striscio alla testa. Siamo comunque riusciti a metterci al riparo dietro un muro. Poi sono usciti alcuni carabinier­i armati che si sono messi davanti a noi. Ci hanno coperto la fuga ed hanno anche posizionat­o un mezzo blindato davanti al balcone del “pazzo” per far mettere al sicuro i feriti».

Cosa le resta di tutta questa vicenda? «Il sibilo dei colpi. E chi se li scorda più quelle botte».

Chi è

Il sibilo dei colpi «Alcuni carabinier­i ci hanno fatto scudo. Non dimentiche­rò mai il sibilo di quei proiettili»

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Secondigli­ano
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Giuseppe, fioraio, ha tre figli, e un negozio proprio alle spalle del palazzo dal quale Giulio Murolo ha ucciso quattro persone e ne ha ferite sei

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