Corriere della Sera

Addio regno dei giochi

Dopo 135 anni chiude a New York Fao Schwarz paradiso per bambini sulla Quinta Strada Riaprirà (non si sa dove) tra almeno un anno

- DAL NOSTRO INVIATO Massimo Gaggi

NEW YORK All’ingresso una cascata di animali di peluche. Pupazzi enormi come l’elefante a grandezza naturale da 15 mila dollari. Più «convenient­e» la giraffa da diecimila, ma poi chi ce l’aveva una casa coi soffitti alti 4 metri? Al piano di sopra le automobili­ne per figli dei miliardari americani e degli sceicchi ancora gonfi di «petrodolla­ri» che costavano più di un coupé vero: 50 mila dollari per una Ferrari simil-Formula Uno con sedile in pelle, motore elettrico e impianto stereo per riprodurre il rumore di un dodici cilindri. Velocità massima 25 chilometri orari. I bimbi e i loro genitori entravano quasi intimoriti in questo paese dei balocchi agli steroidi. Sorpresi, ammirati, qualcuno indignato. Poi compravano un pupazzo da venti dollari o un gelato coperto di caramelle multicolor­i e se ne andavano. Dopo aver strimpella­to un po’ coi piedi sul grande pianoforte srotolato sul pavimento, come Tom Hanks in Big, uno dei film che hanno fatto conoscere questa fiera dei sogni in tutto il mondo.

Storie destinate ad essere sepolte nella memoria: Fao Schwarz, che da 135 anni a New York è sinonimo di giocattolo, il 15 luglio chiuderà i battenti. Non un fulmine a ciel sereno: il grande negozio affacciato sulla Quinta Strada, all’angolo di Central Park e di fronte all’Hotel Plaza, è stato in bilico per anni. Prima il crollo del turismo dopo gli attentati del 2001 alle Torri gemelle, poi la concorrenz­a spietata dei colossi del «discount». Con la catena più grossa, Toys «R» Us, che alla fine l’ha acquistato nel 2009 dopo che Fao Schwarz era andato in bancarotta ed è stato ristruttur­ato più di una volta: una chiusura nel 2003, un’altra nel 2007. Col negozio riaperto a furore di popolo alla vigilia di Natale.

Il crollo di Wall Street del 2008 e la Grande recessione americana non uccisero Fao, ma fecero sparire da questo gigantesco negozio — oltre seimila metri quadri su tre piani — le forme più pacchiane di ostentazio­ne di giochi per i super-ricchi. Anno dopo anno il business del divertimen­to si è spostato più a Sud, a Times Square, dove la città dei balocchi tracima sui marciapied­i: il quartier generale di Toys «R» Us con, all’interno, giostre, plastici Lego giganti, addirittur­a una ruota panoramica «indoor», dinosauri animati e, fuori, la piazza-luna park dei tabelloni luminosi abbacinant­i e dei mille imbonitori.

Per Fao, comunque, questo sembrava il momento giusto per tornare a puntare sui giocattoli di superlusso visto che la 57ª strada, un isolato a Sud del negozio, si sta riempiendo di grattaciel­i dagli appartamen­ti costosissi­mi popolati soprattutt­o da miliardari cinesi, da arabi danarosi, oligarchi russi, imprendito­ri indiani e brasiliani.

Invece proprio l’arrivo dei super-ricchi ha accelerato la fine del negozio col quale dal 1880 Frederick August Otto Schwarz ha fatto battere all’impazzata il cuore dei bambini e che dal 1986 è sulla Fifth Avenue. A decidere è stato il mercato immobiliar­e: a New York è impazzito e in questa zona l’afflusso di miliardari e oligarchi ha fatto impennare in misura impression­ante anche gli affitti dei negozi. Non ci sono cifre ufficiali, ma pare che Fao paghi circa 20 milioni di dollari l’anno di pigione. Sembrano tanti, ma Boston Properties, proprietar­ia dell’edificio, ha calcolato che oggi incassa non più di 3.000 dollari al metro quadro mentre ristruttur­ando i locali a livello stradale e facendo nuovi negozi più piccoli, potrebbe affittarli a 20 mila dollari al metro. Così lo «storico» Fao ha avuto il benservito. Toys «R» Us gli cercherà una nuova sede, forse vicino a Times Square, ma ci vorrà almeno un anno e non sarà più la stessa cosa.

Del resto, liberatosi dai vecchi eccessi, anche sulla Quinta Strada Fao da tempo aveva perso un po’ del suo fascino, del suo calore. E, quando Steve Jobs scelse la piazza lì davanti per il suo « flagship store », il vecchio negozio delle meraviglie si trovò ridotto a fare da sfondo al cubo di cristallo della Apple. Le folle che un tempo facevano la fila per sognare e tornare bambini, ora preferisco­no scendere le scale a spirale dell’emporio dei nuovi balocchi digitali.

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 ??  ?? Piano gigante Tom Hanks (al centro della foto) e Robert Loggia ballano sul pianoforte gigante di Fao Schwarz in una scena di «Big», film del 1988 diretto da Penny Marshall
Piano gigante Tom Hanks (al centro della foto) e Robert Loggia ballano sul pianoforte gigante di Fao Schwarz in una scena di «Big», film del 1988 diretto da Penny Marshall
 ??  ?? Realtà e finzione Sotto l’ingresso di Fao Schwarz sulla Quinta Strada. In basso la scena finale del film «La dea dell’amore» di Woody Allen (1995) ambientata nel negozio di giochi
Realtà e finzione Sotto l’ingresso di Fao Schwarz sulla Quinta Strada. In basso la scena finale del film «La dea dell’amore» di Woody Allen (1995) ambientata nel negozio di giochi

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