Corriere della Sera

Il candidato del Pd contro l’ex del Pd Duello per le Marche

- di Gian Antonio Stella

«Se vince la sinistra Pesaro e Urbino passer an n o co n l’Emilia- Romagna, Ascoli e Fermo con l’Abruzzo…». «E Ancona con l’Albania!», ride Luca Ceriscioli, il docente di matematica candidato dal Pd a guidare le Marche. Il tormentone va avanti da settimane. Di qua Gian Mario Spacca, il governator­e uscente del centrosini­stra che vorrebbe restare in sella per un terzo mandato grazie a Forza Italia e cavalca il patriottis­mo marchigian­o paventando foschi scenari di smembramen­to se passasse il progetto sulle 12 macro-regioni lanciato da due parlamenta­ri piddì, Roberto Morassut e Raffaele Ranucci. Di là, appunto, l’avversario democratic­o che la butta sul ridere: «Ma le pare che se quella fosse la posizione del Pd e di Renzi verrei candidato io che sono stato dieci anni, fino al maggio scorso, il sindaco proprio di Pesaro? Ma andiamo! La verità è che Spacca, dopo che gli abbiamo detto no al terzo mandato, non sa più a cosa attaccarsi…».

Da lontano, Giovanni Maggi («detto Gianni, come l’avvocato Agnelli», ammicca autoironic­o) ridacchia sul duello fra i due piddì ed ex-piddì «con la saggezza dei vecchi». A 68 anni e con la barba bianca senza un pelo nero, ammette, è in effetti il candidato alla presidenza regionale più anziano di tutti: «Il partito, però, è il più giovane. E i nostri ragazzi i più combattivi». Profession­ista della comunicazi­one («ho curato anche le campagne della Auchan e dell’Ikea»), radicale ai tempi delle battaglie civili, grillino dal 2008 e scelto dal Movimento 5 Stelle grazie alla consultazi­one di 1.500 iscritti regionali («Ho avuto più voti di tutti: 200») e alle «graticole», cioè «un’assemblea in ogni provincia con cento o centocinqu­anta partecipan­ti», Gianni Maggi è convintiss­imo: «Se ci fosse il ballottagg­io contro uno di quei due vincerei io. Al di là delle finte litigate, sono d’accordo su tutto. Noi siamo l’unica alternativ­a. Purtroppo hanno studiato una legge apposta per tagliarci fuori… Una specie di Italicum ancora più scellerato».

« Ma va là! » , rispondono Spacca e Ceriscioli. Su un punto però sono davvero d’accordo: il Movimento 5 Stelle alle Regionali dovrebbe andare bene. Forse molto bene. Ma da qui a conquistar­e le Marche… Gli esperti dei sondaggi (per quanto ammaccati da certi infortuni) sembrano abbastanza concordi. Così così dovrebbe andare Matteo Salvini, nonostante le promesse-minacce di buttar giù l’Hotel House (un enorme e orrendo eco-mostro costruito per turisti di poche pretese e oggi affollato di immigrati) e nonostante il rinforzo di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni intorno al candidato Francesco Acquaroli. Così così anche Edoardo Mentrasti, presentato da Altre Marche-Sinistra Unita che vede insieme Sel e Rifondazio­ne.

Dato già per destinato alla sconfitta («Rischia d’arrivare al terzo posto e di restare fuori dopo 25 anni dal parlamento regionale », scommette Luca Ceriscioli), Gian Mario Spacca è deciso però a vender cara la pelle. E cerca di trasformar­e le elezioni, che per anni e anni l’hanno visto nella parte del mattatore, in un vero e proprio referendum su se stesso: «Da una parte stiamo noi, che vogliamo una Regione plurale dove ci sia spazio non solo per i partiti ma per le associazio­ni, i contributi delle categorie, i progetti trasversal­i quali appunto Marche 2020 che era nata per puntare a una gestione migliore dei fondi europei. Dall’altra c’è il Pd. Che dopo avere vinto le Europee nella nostra regione con il 45% ha pensato che le Regionali marchigian­e fossero già vinte. E punta dritto a un monocolore renziano. Nel solco della tentazione egemonica della sinistra».

Parole al miele per le orecchie dei berlusconi­ani. I quali da tempo, smarrito via via il consenso che cinque anni fa aveva consentito al Pdl di inerpicars­i fino al 31% e conquistar­e perfino 575 voti più del Pd che sosteneva il trionfator­e Spacca, erano rassegnati, tanto più dopo i rovesci elettorali europei e il declino dell’ex Cavaliere, a prendere una stangata. E sospiravan­o su sondaggi terrifican­ti finché appunto non si è loro presentata l’occasione di tornare in gioco puntando sull’ex avversario. Molto sollecito a ricordare a tutti che, da deputato europeo, non si era mai iscritto al Pse: «Sempre stato con i liberaldem­ocratici».

Va da sé che questa accusa della tentazione egemonica della sinistra viene vissuta da Ceriscioli con fastidio e ironia: «Noi avremmo deciso di chiudere con Spacca e di puntare a un monocolore nostro dopo il trionfo europeo? Ma per piacere! Ce lo ricordiamo bene, l’amico Gian Mario, la sera della vit- toria la sera della vittoria elettorale: arrivò per festeggiar­e alla sede del Pd e pareva che fosse il trionfo suo. Evidenteme­nte sperava ancora che, pur avendo stabilito la regola dei due mandati, noi lo candidassi­mo per la terza volta. Caduta l’ipotesi, ha voltato la gabbana».

«Falso. Questa del voltagabba­na è un mantra che il Pd mi scaglia addosso da settimane. Non andò così. Io volevo solo che la nostra coalizione restasse plurale e facesse proprio il progetto Marche 2020. Il nome del candidato era secondario. Sulle prime Lorenzo Guerini pareva disponibil­e. Ma da Ancona (anzi: da Pesaro, dove sta il 55% degli iscritti al partito) sono arrivati quattro no: “No, no, no, no”. A quel punto, che dovevo fare per salvare Marche 2020?». «Fatto sta che, guarda coincidenz­a, l’amico Spacca andò a proporsi alla destra quattro giorni dopo la decisione del Pd di non ammettere eccezioni al limite dei due mandati», ride Ceriscioli. «Quanto alle tentazioni egemoniche, abbiamo fatto le primarie e hanno partecipat­o 43.000 persone ognuna delle quali ha pagato due euro. Piaccia o no a Spacca e ai grillini, la democrazia è questa». Macché democrazia, solo la consolidat­a organizzaz­ione del partito, sbotta il governator­e uscente traslocato a destra: «La verità è che rischia di prendere il potere la burocrazia sopravviss­uta del vecchio Pci, burocrazia della quale Ceriscioli è figlio».

Tutta colpa, dice, di Matteo Ricci. Ma come: il famoso gesuita che alla fine del Cinquecent­o andò missionari­o in Cina? «No, quello fu un grande. Ho fatto quattro mostre su di lui che hanno aperto a formidabil­i rapporti commercial­i delle Marche con Pechino». Ce l’ha con un altro Matteo Ricci, dice: l’attuale sindaco di Pesaro che considera l’«anima nera» del Pd del terzo Matteo (Renzi) che l’ha scartato. Se poi il quarto Matteo, cioè Salvini, non avesse deciso di correre insieme con la Meloni… Tre Mattei contro uno. Dura la vita...

La sfida Il governator­e uscente: no al monocolore dem L’avversario Ceriscioli: lui è un voltagabba­na

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 ??  ?? Il governator­e uscente delle Marche, candidato per il terzo mandato, Gian Mario Spacca, 62 anni, al Museo del Cappello di Montappone (Fermo) in una foto postata su Twitter
Il governator­e uscente delle Marche, candidato per il terzo mandato, Gian Mario Spacca, 62 anni, al Museo del Cappello di Montappone (Fermo) in una foto postata su Twitter
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