Al bancomat dei gol fasulli
Aipiani bassi del calcio si è generata una zona grigia. Ora c’è bisogno di chiarezza. Il presidente Tavecchio operi con rigore.
Un’altra giornata nera per il calcio italiano. Ai piani alti il dubbio che si sia concertato per bypassare le più elementari regole del mercato e della concorrenza, ai piani bassi la certezza che si lascia crescere un sistema di illegalità e corruttela che va da Monza alla Calabria e non disdegna contatti e collaborazione con la criminalità organizzata. L’indagine dell’Antitrust sulla vendita dei diritti televisivi scoperchia una realtà che se fosse confermata sarebbe allarmante: esisterebbe un governo parallelo del calcio incardinato sul trio Bogarelli-Galliani-Lotito. Non è la prima volta che gli avversari adombrano questi dubbi, stavolta però a porre l’interrogativo con tutta la sua autorevolezza è l’Antitrust. Siamo nella fase istruttoria e quindi il garantismo va applicato in misura doppia, ma i conflitti di interesse che attraversano il settore sono segnalati in crescita anche dalla stampa sportiva. La Infront di Bogarelli compra i diritti commerciali dei singoli club e poi fa anche l’advisor della Lega Calcio, Lotito possiede direttamente o indirettamente squadre presenti in serie A,B e Lega Pro. Il presidente della Lazio è anche il rappresentante del mondo del pallone nei confronti della pubblica amministrazione e più in generale della politica e del Transatlantico. La tanto contestata presidenza Tavecchio servirebbe, oltre a fornire spunti alle gag di Crozza, a tutelare quest’intreccio di poteri espliciti e impliciti. E a evitare che sulla gestione dei diritti tv — come più in generale sul futuro del calcio italiano — si possano creare maggioranze e minoranze di merito, ci si possa dividere sulle soluzioni e non per clan.
Ai piani bassi il calcio delle serie minori segue, decisamente in peggio, quest’andazzo. Si è ormai creato una sorta di ceto professionistico del malaffare composto da presidenti senza onore, procuratori e direttori sportivi intrallazzatori, calciatori a fine carriera che rimpinguano il conto in banca manipolando i risultati, scommettitori truffaldini che costituiscono il collante di questo network malavitoso. Una porzione non ristretta del football di provincia è in mano a questi signori che sono aiutati nelle loro imprese da un sistema «moderno» di scommesse che facilita tutti i tipi di combine senza richiedere la minima trasparenza. Si è generata, infatti, una zona grigia che non viene illuminata dalle cronache sportive, dalle tv, da moviole e movioloni, dove può avvenire di tutto e si possono fare ingenti guadagni in poco tempo. È una specie di bancomat del gol fasullo, della finta parata, del rigore sbagliato a posta. Se questa è la realtà di due segmenti rilevanti del calcio italiano è evidente come sia impellente il bisogno di fare chiarezza, di restituire ai tifosi e agli appassionati una competizione sportiva pulita e trasparente nelle grandi città come nei capoluoghi di provincia. Il primo a sentire quest’esigenza dovrebbe essere il presidente Tavecchio. Dimostri, dunque, la sua indipendenza e la sua sensibilità e operi con rigore.