Corriere della Sera

Gol e minacce

«Se non lo paghi quello uccide mio fratello...» E il manager dopo la partita: «Abbiamo perso, tutto ok»

- dal nostro inviato Giovanni Bianconi

Pietro Iannazzo — già in carcere per ‘ndrangheta, considerat­o uno dei capi della «cosca imprendito­riale» di Lamezia Terme, il padre ucciso in un agguato di stampo mafioso — l’ha spiegato in maniera molto chiara, in una telefonata intercetta­ta, parlando di Mario Moxedano, presidente del Neapolis che ha conquistat­o la qualificaz­ione ai play off: «Quest’anno ha deciso che vuole vincere con pochi soldi. Io gli ho detto “va bene, ma i miei dammeli prima”... Ha detto che lui prima non paga neanche i giocatori, e infatti i giocatori non ti fanno vincere il campionato». Iannazzo invece sì. O almeno ci prova. Comprando e vendendo partite, utili a guadagnare posizioni in classifica e molti soldi con il calcio scommesse. Ché altrimenti Moxedano non avrebbe saputo che fare «con la squadra di babbi che ha», laddove babbi sta per stupidi, sprovvedut­i.

Ecco come la ‘ndrangheta imprenditr­ice entra, secondo l’accusa, nel dirty soccer, il calcio sporco scoperchia­to dalle indagini della Squadra mobile di Catanzaro e dal Servizio centrale operativo della polizia. Un malaffare aggravato — stando al capo d’imputazion­e — dall’aver favorito uno dei clan emergenti della criminalit­à organizzat­a calabrese. Loro, Iannazzo e i presunti complici, si muovevano nel mondo della Lega Pro, mentre l’altro gruppo di scommettit­ori e truccatori di gare si occupava dei Dilettanti; anche lì c’è il sospetto di relazioni con la malavita locale, per aumentare il peso della corruzione. «Sono amici, mostra rispetto»

Ne fa un cenno — sottinteso — l’indagato Fabio Di Lauro, quarantenn­e ex calciatore, originario della provincia di Cosenza, definito dal pubblico ministero che l’ha arrestato «faccendier­e che approfitta della parte marcia dell’ambiente del calcio profession­istico, traendo cospicui guadagni dalle scommesse sulle partite oggetto di frode sportiva». In un sms inviato al direttore sportivo de L’Aquila calcio Ercole Di Nicola, finito anche lui in carcere, scriveva, a proposito di soci scommettit­ori stranieri di cui temevano reazioni un po’ troppo decise se gli affari non fossero andati a buon fine: «Loro sono amici miei, non pensare che fanno senza di me, c’è una amicizia di persone della Calabria vicine a loro, mostra rispetto...». Traduzione degli inquirenti: Di Lauro «intimava il complice a “mostrare rispetto” nei confronti dei complici stranieri che venivano ricollegat­i, per amicizia e vicinanza, a personaggi della ‘ndrangheta». Il riferiment­o è allo sloveno Uros Milosavlje­vic, 33 anni ancora da compiere ma molto attivo nel settore delle scommesse in mezzo mondo.

Di Nicola è colui che, «offriva al complice albanese Edmond Nerjaku il finanziame­nto della scommessa sulla gara Livorno-Brescia, valevole per il campionato di serie B»; costo dell’operazione 70.000 euro, come si evince da uno scambio di sms piuttosto eloquente — utilizzand­o apparecchi intestati a nomi inesistent­i di un tunisino e un birmano — avvenuto a gennaio scorso, tre giorni prima della partita: «Sabato vuoi fare una di B?», «Cosa costa?», «Hanno chiesto 70 ma qualcosa scendono», «Che risultato e che quota?», «Vittoria... sopra a 2», cioè vincita oltre il doppio della puntata. «Esce sicuro», garantiva Di Nicola, e l’albanese: «Ok... è un canale importante, non facciamo cazzate». La partita finì 4 a 2 per il Livorno «come combinato dagli indagati», nota il pubblico ministero, pur sottolinea­ndo la mancanza di prove «di contatti specifici con dirigenti e/o calciatori delle due squadre interessat­e». Tuttavia la vicenda «evidenzia la sicurezza degli indagati sulla ritenuta possibilit­à di espandere le proprie mire illecite agli incontri calcistici di categoria superiore». «Hanno sparato alto, 100, 150...»

Dalla serie B alla Coppa Italia il passo è breve, e secondo l’accusa il gruppo degli scommettit­ori aveva messo gli occhi anche su Sassuolo-Pescara giocata il 2 dicembre 2014: «Di Lauro prendeva contatti con il duo Ulizio - Carluccio apprendend­o che questi avevano messo in vendita l’incontro al miglior offerente, e non perdeva occasione per avvertirne i “compari” stranieri, Uros Mirosavlje­vic e soci». Mauro Ulizio e Massimilia­no Carluccio, inseriti a pieno titolo nell’organizzaz­ione che gestiva le partire della Lega Pro, vengono definiti «soci occulti e dirigenti “di fatto” della Pro Patria»; Di Lauro avrebbe venduto l’informazio­ne ad Ala Timosenco, la donna del gruppo, considerat­a l’intermedia­ria e la traduttric­e per il gruppo dei serbi. A caro prezzo però, fino a 150.000 euro: «Questo mi hanno sparato alto, 100, 150, ok… È una partita di coppa Italia, poi ti mando il messaggio».

L’affare però sfuma, e allora «il duo Ulizio - Carluccio» prova con un’altra partita: Cremonese - Pro Patria del 15 dicembre scorso, nella quale — accusa la procura di Catanzaro — potevano contare anche sulla collaboraz­ione dell’allenatore e di tre calciatori della Pro Patria, tra i quali il figlio di Ulizio, Andrea. La ricostruzi­one di questa partita, vinta 3 a 1 dalla Cremonese grazie a episodi che rivisti in tv paiono grotteschi, sembra quasi un paradigma di come funzionava il sistema. Il gruppo recupera finanziame­nti dagli stranieri per pagare i giocatori e poi scommette forte sul risultato di cui sono certi. Al punto che Carluccio telefona al padre: «Dì alla mamma poi, di andare alla banca... al conto suo e di ritirare tutto quello che c’è, poi quando vieni ti dico». Secondo gli inquirenti la somma era «certamente da impiegare per scommetter­e sulla partita che stavano combinando».

Ai calciatori coinvolti — il portiere che garantisce una papera, un difensore che goffamente lo mette in difficoltà e il centrocamp­ista che si fa espellere (Ulizio jr) — sarebbero toccati 5.000 euro a testa; poi l’allenatore nello spogliatoi­o ha fatto la ramanzina ai calciatori sbagliati (e Ulizio sr si congratula via sms «mio figlio dice che sei il numero 1»); infine il padre si adopera perché il figlio espulso venga squalifica­to per un solo turno. E i commenti del dopopartit­a suonano incredibil­i, se non si pensa alla frode riuscita. Al telefono con un’amica Ulizio esulta per la sconfitta della sua squadra: «Stiamo rientrando, è finita la partita!... 3 a 1 per la Cremonese! Tutto bene, tutto a posto... Oh, siamo felici!», e ride. «Una strizzatin­a la dobbiamo dare»

Non ha invece voglia di ridere, Ulizio, quando vende una partita a Uros Milosavlje­vic che investe 60.000 euro e li perde, e lui deve restituire la somma; per i magistrati è una vera e propria estorsione da parte dello sloveno, mentre è un sequestro di persona quello realizzato ai danni dell’albanese Nerjaku, che non si decideva a onorare un debito. Carluccio ne parla al telefono con Ulizio: «Ne ha prese, ma tante ne ha prese da Massimo, adesso lo stiamo portando in campagna… non ha un euro, ha detto che ieri ha perso di nuovo… che ha bisogno di altro tempo… poi gli ho fatto segno e l’ha sfiancato proprio… proprio male male si è fatto… adesso vediamo… una strizzatin­a la dobbiamo dare, altrimenti questo la porta sempre alla lunga». Tra gli scommettit­ori ci sono pure dei maltesi, e l’evocazione della violenza compare non appena si creano problemi di soldi persi o da restituire. Come quando il finanziato­re Robert Farrugia spiega al calabrese Felice Bellini, già dirigente del Gudja United di Malta passato alla Vigor Lamezia, che un suo socio pretende indietro il denaro: «Se non lo paghi lui sta per uccidere mio fratello… domani…».

Il personaggi­o Il boss Iannazzo confida a un amico: i giocatori non ti fanno vincere il campionato

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William Carotenuto,
uno dei giocatori coinvolti, provoca un rigore
Fallo da rigore Il portiere del San Severo, William Carotenuto, uno dei giocatori coinvolti, provoca un rigore
 ??  ?? Festa Arturo Di Napoli, ex del Savona, ai tempi della Salernitan­a: oggi è fra gli indagati dai pm di Catanzaro
Festa Arturo Di Napoli, ex del Savona, ai tempi della Salernitan­a: oggi è fra gli indagati dai pm di Catanzaro

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