Fitto fa i conti e prende tempo sui gruppi
L’ex governatore, che respinge il pressing di Verdini, non ha ancora i numeri alla Camera Presentata la nuova associazione che sarà invitata anche al meeting dei conservatori europei
«Forza Italia è sempre stata qualcosa di diverso da un partito. Per questo, prima o poi, i politicanti se ne sono sempre andati». Alle sette di sera, quando Silvio Berlusconi registra queste parole nel corso di una serie di interviste per altrettante tv locali, la vecchia FI non esiste più da qualche ora. Perché il primo dei «politicanti» evocati dall’ex presidente del Consiglio, e cioè Raffaele Fitto, ha formalmente abbandonato i colleghi e il Partito popolare europeo, accasandosi a Bruxelles coi britannici di David Cameron. E perché il secondo «politicante» a cui si pensa ad Arcore, che risponde al nome di Denis Verdini, sta continuando a studiare il modo più indolore per abbandonare la real casa berlusconiana.
Berlusconi, Fitto, Verdini. La vecchia Forza Italia, da una che era, è pronta a farsi trina. Con l’ex premier impegnato nella disperata impresa di riprendere per i capelli una campagna elettorale iniziata malissimo, e che nel week end sbarcherà a Napoli per sostenere la ricorsa disperata di Stefano Caldoro, l’eurodeputato è il primo a uscire dai blocchi.
Nell’annunciare la costituzione dell’associazione Conservatori e Riformisti («Chiunque si riconoscesse nelle nostre idee può partecipare, compresi Verdini o Salvini…»), Fitto mescola toni soft («Basta polemiche con Berlusconi e niente rancori») ad attacchi ad alzo zero ( « Berlusconi rivuole il patto del Nazareno, che è come un fiume carsico che va e ritorna»). Ma quando gli chiedono dei numeri in Parlamento, l’europarlamentare frena. «Quanti siamo? Non lo so, l’importante è la prospettiva». La verità, o almeno quella che Denis Verdini va ripetendo ai suoi da giorni, è che «Fitto non ha ancora i numeri necessari per costituire un gruppo alla Camera». Traduzione, tra quelli pronti a seguirlo ci sarebbero meno delle venti unità che servono. Forse quindici, forse sedici, non uno di più. Ed è proprio questo che ha spinto il senatore toscano, che ha l’obiettivo di sostenere Renzi sulle riforme anche per allungare al 2018 la durata della legislatura, a tornare alla carica coi fittiani per sottoporgli i termini di un improbabile accordo. Dopo il gran rifiuto di Fitto, infatti, Verdini ha provato ad avvicinare Maurizio Bianconi, toscano come lui e amico di una vita. «Maurizio», è stato il ragionamento verdiniano, «convinci Fitto a mettere assieme le vostre forze e le nostre. Noi non abbiamo i numeri per fare un gruppo e voi nemmeno. Se ci mettessimo insieme, blinderemmo la legislatura». Niente da fare. «Denis, tu vuoi dare una mano a Renzi e noi vogliamo mandarlo a casa. Mi spieghi come c… si fa a metterci insieme? Noi non voteremmo mai quelle riforme che tu sei pronto a votare…», è stata la risposta di Bianconi.
Ma mentre Verdini lascia per strada almeno la metà dei deputati che aveva «conquistato» con la lettera di due mesi fa a favore del ritorno al Patto del Nazareno, Fitto può consolarsi con gli endorsement che arrivano da Strasburgo. L’alleanza dei conservatori europei ha invitato una delegazione di fittiani al meeting di Winchester del 21 maggio. E sarà presente coi suoi massimi rappresentanti parlamentari alla prima conferenza dei Conservatori e Riformisti italiani, cinque giorni dopo.
«Diamo il benvenuto a Fitto», scrive in una nota il capogruppo dei conservatori a Bruxelles Syed Kamall, sottolineando che «daremo il nostro contributo per creare un Movimento di Centro Destra in Italia» e sostenendo che «vecchie facce e vecchie ideologie hanno fatto il loro tempo». Il tutto mentre, ad Arcore, Berlusconi riflette sulle prossime mosse della sua campagna elettorale. E sull’ipotesi se sollevare o meno, sabato a Napoli, la «questione morale» sui blocchi di «impresentabili» che oggi sostengono il fronte del pd Enzo De Luca. Ma che, in un tempo non lontano, erano vicini al centrodestra campano di Nicola Cosentino.
L’affondo del leader Berlusconi: siamo sempre stati diversi da un partito, per questo i politicanti se ne vanno