Corriere della Sera

Toti: alcuni se ne andranno? Poco importa La partita vera non si giocherà in Parlamento

Il consiglier­e di Berlusconi: «C’è chi è rimasto in un bosco che non esiste più»

- di Paola Di Caro

Si definisce «l’ultimo al mondo» a credere che meno si è e meglio si sta, e «a dimostrarl­o sono i fatti: sono candidato in Liguria con il sostegno di tutto il centrodest­ra, ho lavorato molto per ottenere questo risultato e mi batto per allargare i nostri confini, non restringer­li». Ma dell’addio annunciato di Fitto e di quello possibile dei verdiniani Giovanni Toti, candidato presidente in Liguria e massimo dirigente azzurro, non si preoccupa: «Le scissioni di alcuni parlamenta­ri, peraltro nominati da qualcun altro, che formano gruppi, li smontano, li rimontano, sono alchimie di palazzo che non rappresent­ano il mondo reale. La società italiana va a un’altra velocità, non capirlo è suicida». Fitto sbaglia tutto? «Io non capisco più che strada voglia prendere, e non credo che gli italiani si appassioni­no al dibattito su Ppe e Conservato­ri se poi sul territorio anziché contribuir­e ad unire si sfascia tutto. Chi si dedica ai giochi politici e a teorizzare strane geometrie dimostra di essere rimasto in un bosco che non esiste più».

Lei parla di «qualche parlamenta­re», ma tra fittiani e verdiniani rischiate di perdere mezzo gruppo azzurro

«Vedremo, ma non conterò i parlamenta­ri, non è questione di numeri ormai ma di quello che si rappresent­a. Alcuni di loro pesano, è vero, altri sinceramen­te no, non tutti sono uguali. Lo si capisce stando sul territorio come faccio io: per riconquist­are i consensi perduti bisogna parlare alle categorie di riferiment­o, proporre, ascoltare, prendere e dare alla società civile».

Ma può farlo un partito che a Roma perde pezzi?

«Roma non è lo specchio del Paese, arranca dietro questo Paese. È dal territorio che si deve ripartire, dalla concretezz­a, e lo sanno tanti miei colleghi che anche a Roma si stanno dando da fare a testa bassa. La partita non si gioca più a Montecitor­io o a Palazzo Madama, questo è un Parlamento sconfitto dal voto, che ha deluso, lontano dal mondo reale. Non è da lì che il centrodest­ra può ripartire».

Ma rischiate, secondo i sondaggi, di dover ripartire da una percentual­e a una cifra...

«Che FI non viva un momento di splendore è evidente, ma altrettant­o evidente è che esiste uno spazio grande per un centrodest­ra che si unisce — come dice Berlusconi — non in un partitone vecchio stile, ma in un rassemblem­ent con varie e diverse anime che si danno un progetto comune, un programma comune e regole condivise di selezione della classe dirigente».

È il progetto di Partito repubblica­no lanciato da Berlusconi che però viene respinto dagli alleati: non è proprio lui, che dice che resterà in campo «perché non c’è altro leader in giro», ad ostacolarl­o?

«Ha detto che i leader non si trovano sotto un cavolo, e ha perfettame­nte ragione. E ha detto che si mette a disposizio­ne per lavorare a una coalizione dei moderati per il bene dell’Italia: è una posizione nobile, generosa, di buonsenso. Tutti dovrebbero seguire questa indicazion­e, mettendosi in gioco anche elettoralm­ente per risultare credibili agli occhi degli elettori e favorendo il dialogo tra diversi partiti che porta a una coalizione coesa. È quello che sto facendo io».

Ma se venisse eletto governator­e, lascerebbe la politica di partito?

«Farei il governator­e e mi dedicherei al progetto di un nuovo centrodest­ra: la classe dirigente nazionale del futuro arriva da esperienze amministra­tive, in Europa è già così. E anche da noi quasi tutti i leader sono fuori dal Parlamento: Berlusconi, Salvini, Grillo, lo stesso Renzi, ma anche Zaia, Maroni, o la Serracchia­ni che governa il Friuli ed è vice segretario del Pd. Le dinamiche parlamenta­ri perdono peso. Sta già accadendo».

Numeri e pesi Non conterò i parlamenta­ri Alcuni di loro pesano, altri sinceramen­te no

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy