Corriere della Sera

La misteriosa fine del magnate russo avvelenato con la «piantina cinese»

Perepilich­ny aveva denunciato i traffici finanziari a Mosca. Un nuovo caso Litvinenko?

- @fcavalera

«Vado a correre». Le ultime parole alla moglie. Una bella casa nel Surrey, 12.500 sterline di affitto mensile (17 mila euro) circondata dalla bellissima campagna dove si ritirano le famiglie ricche inglesi, le stelle dello spettacolo e del calcio. O dove si nascondono gli oligarchi russi in fuga dalle vendette. E Alexander Perepilich­ny da Mosca, nel 2010, era dovuto scappare. «Sapeva troppo», dice sua mamma Galina. Sì, sapeva troppo di come alti funzionari legati al Cremlino intascavan­o milioni, li esportavan­o in Svizzera e li investivan­o. Una frode dietro l’altra.

Era il novembre 2012. L’abituale seduta di jogging per il quarantaqu­attrenne Alexander, riservato ma con tanti segreti nel suo archivio. Specie uno: la truffa ai danni di Hermitage Capital, un fondo con base lodinese raggirato da uno «scherzo» di alta ingegneria finanziari­a le cui menti sarebbero state proprio nei piani alti della nomenklatu­ra russa. La cifra in ballo: centocinqu­anta milioni di sterline (210 milioni di euro). Chi li aveva intascati?

Pochi passi di riscaldame­nto e l’uomo, papà di due ragazzi, cadde a terra. «Attac- co cardiaco», fu il verdetto istantaneo della polizia. Caso archiviato. O quasi. Perché adesso si riapre tutto. Davanti al coroner, incaricato delle indagini, si è presentata Monique Simmonds, professore­ssa e botanica di Kew Gardens, giardino reale. E ha rivelato: nello stomaco di Alexander c’erano tracce di una pianta estremamen­te tossica. Un fiore giallo, foglie che crescono rigogliose, un profumo gradevole: ma è l’apparenza, il Gelsemium elegans, ricorda il comune gelsomino, importato dall’Asia ha un soprannome funesto, «l’erba dell’attacco al cuore». Lo stesso effetto della stricnina, paralizza, blocca la respirazio­ne, uccide. Hanno avvelenato un altro oligarca?

Quando ci sono di mezzo certi personaggi e certe forze, quando ci sono di mezzo Londra e Mosca, quando ci sono di mezzo esecuzioni tanto sofisticat­e (il polonio usato per fare tacere la spia Alexander Litvinenko: chi lo dimentica?), venire a capo dei misteri è quasi impossibil­e. Ma la storia di Alexander non si è conclusa perché il destino gli ha riservato un infarto improvviso. Troppe le anomalie.

Alexander Perepilich­ny era una pedina della rete moscovita che veicola nella City caim pitali sospetti e li ricicla. Forse pentito. Forse minacciato. Ma, una volta sbarcato a Londra, si era confidato con i manager di Hermitage Capital, il fondo, e li aveva avvertiti che sotto il loro naso un clan di dirigenti dell’amministra­zione pubblica russa aveva compiuto un «giochetto di prestigio», beffandoli. Poi, contattato dalle autorità di Berna, Alexander aveva collaborat­o indicando nomi e conti svizzeri dei beneficiar­i. La sua condanna.

Che strano, scoprire solo ora che in questo mosaico di intrighi ci sono cinque cadaveri. Tutti russi. Tutti legati ad Alexander. Uno è morto improvvisa­mente in carcere. Uno è sparito. Uno se ne è andato per cirrosi epatica. Uno è caduto e si è rotto la testa. Poi è arrivato il gelsemium col fiore giallo, per il jogger oligarca del Surrey. Cinque morti strane sulla rotta Londra-Mosca.

Pentito Da pedina russa che veicolava nella City capitali sospetti a grande accusatore La truffa Aveva reso noto il raggiro a un fondo per 210 milioni di euro da parte dei russi

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