Corriere della Sera

Preso il No Expo della foto simbolo per le bastonate al poliziotto

Milano, in arresto uno dei picchiator­i del corteo del Primo maggio. Il gip: indole violenta

- Andrea Galli Cesare Giuzzi

Il covo era un appartamen­to occupato in via privata Bobbio, in pieno quartiere del design: i ristoranti di via Savona e via Tortona, la movida dei Navigli. Case popolari di proprietà dell’Aler lasciate sfitte e occupate nella grande «battaglia» per la casa. Due anni di invasioni di capannoni vuoti e appartamen­ti, nel tentativo di costruire una rete anarchica di controllo dei quartieri popolari, per far presa sulla povera gente e per usarla nelle proprie «battaglie».

Marco Ventura, 28 anni, arrestato dalla Digos di Milano per l’aggression­e al vice questore Antonio D’Urso durante gli scontri al corteo «No Expo» del primo maggio, era già stato denunciato per una serie di occupazion­i. La più importante, che darà il nome all’intero collettivo, è quella dell’ex Bottiglier­ia di via Savona. I «bottiglier­i», tra i quali alcuni nomi che rimandano agli Anni di piombo (ma che con quei tempi non hanno niente a che vedere), provenivan­o dall’ex Lab zero, sgomberato dalla polizia cinque anni fa, e da un’ex stamperia. Oggi la culla dell’ala dura anarchica milanese è un hotel dismesso, il Piemonte: 18 camere in via Ruggero Settimo, traversa della borghese via Washington. Qui il giorno dopo le violenze la polizia aveva fermato, identifica­to e rilasciato una quindicina di anarchici greci.

Quelli dell’ex Piemonte, dell’associazio­ne Mandragola (dove sono state sequestrat­e mazze prima del corteo) e del Corvaccio, sono considerat­i dagli investigat­ori gli «anarchici autonomist­i e anticapita­listi» che negli scontri hanno fatto da collettore tra i gruppi italiani ed europei. Una preparazio­ne durata «sei mesi», secondo il capo della Digos milanese Bruno Megale, ma priva di strutture verticisti­che. I poliziotti sono arrivati a Ventura (di ieri pomeriggio i compliment­i del ministro Alfano) grazie alle immagini scattate in via Mario Pagano da un fotografo dell’Ansa. D’Urso era entrato nei giardini per bloccare una donna che aveva lanciato oggetti contro gli agenti. Dai cespugli erano sbucati alcuni incappucci­ati: Ventura, pantaloni marroni, in mano un bastone di legno, aveva colpito il poliziotto «con estrema violenza», come ha scritto il pm Piero Basilone nella richiesta di misure cautelari firmata con l’aggiunto Maurizio Romanelli. D’Urso s’era salvato «solo perché indossava il casco» (19 giorni di prognosi). Nel corso del pestaggio, il 28enne aveva «perso» la sciarpa che gli copriva il viso, svelando il pizzetto. Quella barba che aveva subito tagliato nella speranza di non essere identifica­to. Quando gli agenti sono entrati in via Bobbio, si sono trovati davanti il pitbull del 28enne. L’istinto di difesa del cane è stato «vinto» sventoland­ogli davanti un wurstel. Per il gip Donatella Banci Buonamici, Ventura ha «un’indole estremamen­te violenta» e ha agito per «assicurare l’impunità a un terzo (Anita Garola) già autore di gravi reati». Con Ventura è stato denunciato (per resistenza aggravata) un 25enne, R. M., uno squatter che aveva occupato l’ex caserma Mameli. Il gruppo era composto da cinque, sei persone. Le indagini non sono finite.

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Con il bastone Marco Ventura, il 28enne arrestato ieri a Milano, è il ragazzo con i pantaloni marroni che brandisce il bastone

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