Corriere della Sera

L’omicida di Lodi rilasciato 24 ore prima dal Cie di Bari

- Francesco Gastaldi

Era violento e facile alla gelosia l’ex amante egiziano che sabato sera ha massacrato di botte e finito con due colpi al petto Antonia D’Amico. Moussad Hassane era uscito dal Centro per l’identifica­zione e l’espulsione di Bari il giorno prima dell’omicidio. Il tempo di recarsi a prendere il treno per Lodi e raggiunger­e la donna in serata in quella casa da cui entrava e usciva da almeno sei anni. Un particolar­e che il procurator­e capo di Lodi, Vincenzo Russo, noto per aver già preso posizioni dure contro le «scarcerazi­oni facili», non ha mancato di sottolinea­re pubblicame­nte. «Lungi da me innescare polemiche politiche — ha affermato — ma registro che tanti irregolari identifica­ti e in attesa di espulsione una volta rilasciati commettono reati, anche gravi. Forse è il caso di correggere le procedure che regolano i flussi nei centri». Moussad Hassane era in Italia dal 2005, da clandestin­o: 37 anni compiuti il giorno antecedent­e l’omicidio, nessun precedente penale, ma già due volte accompagna­to al Cie per essere espulso. L’ultima, il 19 febbraio scorso, dopo la doppia denuncia presentata da Antonia D’Amico per ingiurie e percosse e quella contestual­e di due vicini di casa della vittima, aggrediti con un coltellino dall’egiziano che li credeva amanti della sua donna. Da allora fino a sabato 16 maggio mattina è rimasto al Cie di Bari. In precedenza aveva vissuto soprattutt­o a Lodi dove da sei anni aveva intrecciat­o una relazione tempestosa con la D’Amico. Un po’ a casa sua, un po’ presso connaziona­li e a volte in un ex fabbrica abbandonat­a di Lodi. Il giorno del delitto Hassane ha inseguito Antonia per tutta la casa, picchiando­la selvaggiam­ente e colpendola con oggetti presi qua e là, tra cui un bidone d’alluminio con cui le ha sfondato il volto prima di trafiggerl­a due volte al petto con un’arma (un cacciavite, uno stiletto o forbici), non ancora trovata. Le sue impronte sono saltate fuori ovunque nella casa sporca di sangue, in particolar­e sul bidone usato per sfigurare la donna.

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