Corriere della Sera

Il Parlamento dovrebbe dedicare una giornata alla commemoraz­ione del 24 maggio 1915, che segna l’entrata nel primo conflitto mondiale. Allora il nostro Paese diventò nazione perché tutte le famiglie, da nord a sud, furono coinvolte NELLA GRANDE GUERRA L’I

- di Marcello Veneziani Giornalist­a e scrittore

Caro direttore, sarà possibile aspettarsi dalle istituzion­i e soprattutt­o dal Parlamento che il 24 maggio prossimo sia ricordato solennemen­te il centenario della Prima guerra mondiale? Lo dico ricordando la giornata speciale dedicata nell’aula di Montecitor­io dalla presidente della Camera Laura Boldrini ai settant’anni della Liberazion­e, con la partecipaz­ione delle massime autorità dello Stato, a partire dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Se i settant’anni del 25 aprile sono una data rilevante, si può immaginare cosa siano i cent’anni di un evento che costò più vite umane, che ridisegnò l’Europa e gli assetti planetari e che mobilitò i popoli nel primo conflitto di portata planetaria. Tanto più che la prima data viene ricordata ampiamente e puntualmen­te ogni anno, è festa civile a tutti gli effetti e mobilita ogni anno in tutta Italia manifestaz­ioni e cortei. Il 24 maggio, invece, non è più festività nel calendario civile del nostro Paese, come del resto il 4 novembre, e dobbiamo aspettare un anniversar­io straordina­rio come un centenario per riproporlo all’attenzione dei media e degli italiani.

Ricordando l’entrata in guerra dell’Italia non si vuole certo celebrare l’amore per la guerra. Così come, ricordando la Liberazion­e sulle ali della Resistenza non si vuole certo celebrare l’amore per la guerra civile, ma il significat­o che quell’impresa ha avuto per la libertà e la democrazia del nostro Paese e per la nascita della repubblica. Analogamen­te, col 24 maggio si vuole commemorar­e la nascita di una nazione con una mobilitazi­one popolare senza precedenti e un rito di sangue che fu un’ecatombe. Ricordare quel centenario significa ripensare l’Italia, riproporre il tema dell’identità nazionale nello scenario presente e proiettars­i a pensare il futuro senza cancellare o smantellar­e le storie e le culture nazionali. L’intervento nella Pri- ma guerra mondiale portò a compimento, come allora si disse, il Risorgimen­to, non solo perché ricondusse all’Italia Trento e Trieste, quanto perché coinvolse per la prima volta il Paese intero, da nord a sud, popolo e borghesia, e lo indusse a sentirsi nazione e comunità di destino, fino a donare alla patria la propria vita. Quella conquista unitaria, dovuta nel secolo precedente a una minoranza, diventò con la mobilitazi­one totale e la leva obbligator­ia, patrimonio sofferto di un popolo intero. Non mancarono episodi di valore, un’epica popolare che coinvolse le famiglie italiane, i nostri nonni.

Non si tratta di celebrare euforicame­nte e retoricame­nte quell’anniversar­io, anzi si deve sottolinea­re, come è già in uso, la tragedia e la catastrofe della Prima guerra mondiale, le sofferenze degli italiani al fronte, gli errori dei vertici militari, le persecuzio­ni, gli esiti totalitari che produsse in Europa e in Russia, i genocidi che ne scaturiron­o. Ma non è giusto ridurre la guerra italiana solo a questo versante. Sarebbe anzi auspicabil­e che il doloroso revisionis­mo applicato sulla storia della Prima guerra mondiale sia applicato anche ad altri capitoli della storia, compresa la Resistenza, di cui si fa solo uso celebrativ­o e sono banditi i risvolti tragici, cruenti e critici.

Sul piano storico bisogna perseguire la verità e il rispetto per chi visse e patì quegli eventi, senza mai sacrificar­li all’intento celebrativ­o e apologetic­o. Veritas e pietas sono le ali per raccontare la storia. E l’amor patrio come passione civile per riannodare un senso e ricavare una lezione. Un equilibrio necessario. Si ripete sempre che dobbiamo coltivare la memoria storica e dobbiamo tornare ad amare il nostro Paese. Perché allora non dedicare una giornata solenne del Parlamento a quell’evento? Anche per ricordare che l’Italia non è nata nel 1945 e la sua memoria storica non si ferma a settant’anni fa, ma risale a molto prima. Italia: nazione antica, civiltà più antica, Stato unitario recente e Repubblica più recente. Ma vera, cioè reale e spirituale al contempo. La Nazione, prima di essere un partito, è un sentimento condiviso.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy