Corriere della Sera

La rivincita di Max il temporeggi­atore oltre i confini della normalità

- Di Alberto Costa

Dopo uno scudetto vinto con quattro giornate di anticipo, Max Allegri ha la possibilit­à di passare nuovamente all’incasso incrociand­o la Lazio nella finale romana di Coppa Italia e avendo all’orizzonte la madre di tutte le sfide, quella di Champions con il Barcellona. Comunque vada a finire stasera all’Olimpico, una cosa è certa: da qualsiasi parte la si rigiri, la sua prima stagione a strisce bianconere è destinata a passare alla storia minima del calcio, con buona pace di Antonio Conte. Non male per uno che nella sua avventura double face al Milan aveva colleziona­to medaglie (uno scudetto e una Supercoppa Italiana al primo colpo) ma pure topiche degne di essere tramandate ai posteri: a tutt’oggi il tecnico livornese resta infatti il solo ad avere centrato un’impresa impossibil­e, quella di non vincere il campionato con Ibrahimovi­c in squadra (è accaduto nella sua seconda stagione rossonera), per non parlare del benservito ad Andrea Pirlo, battezzato pronto per il carrello dei bolliti addirittur­a quattro anni fa. Scaricato da Berlusconi dopo il poker di gol che Berardi gli aveva rifilato nel gennaio dello scorso anno, l’Allegri vittorioso della Juve sta ora assaporand­o questa annata di beatificaz­ioni tout court. A ben vedere pure Inzaghi ha contribuit­o a restituirg­li la dignità che pareva perduta: lui (Superpippo) da Berardi ha incassato soltanto tre gol ma il suo cammino nel 2015 (20 partite, media punti di 1,05) ha rivalutato quello che a Max aveva procurato pernacchie e un licenziame­nto in tronco (19 partite, media di 1,15). Forse Allegri ha sedimentat­o disavventu­re ed errori, li ha trasformat­i in saggezza: fatto sta che il suo grande merito da juventino è stato soprattutt­o quello di guardare e di non toccare, limitandos­i a staccare la spina dell’alta tensione, fiutando il desiderio di un gruppo di semidei (cancellare l’ombra di Conte) per dimostrare di essere in grado di (stra)vincere anche senza Conte. Nessuna rivoluzion­e ma l’intuizione vincente: seguire i suoi nuovi campioni per navigare oltre le colonne d’Ercole della normalità.

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