La Juve in rimonta vince anche la Coppa Italia
Supplementari a Roma, gol decisivo di Matri. Ora la sfida Champions
Il presidente Sergio Mattarella consegna perplesso il trofeo a Giorgio Chiellini capitano della Decima. A distanza di vent’anni Madama raggiunge la prima stella (esisterà?) in fatto di Coppa Italia. La finale è meglio di un anno fa, ripensando a quanto successo fuori e dentro l’Olimpico. Qui a parte qualche coro e qualche «buu» almeno il contorno è corretto. La perplessità presidenziale nasce probabilmente dallo spettacolo non proprio emozionante, da una gara trascinatasi ai supplementari dopo i fuochi d’artificio dell’avvio senza che le due squadre riuscissero a costruire una manovra efficace, delle azioni avvolgenti. Molti scontri, anche se non cattivi, molta tattica. Alla fine la Juventus ha la meglio sulla Lazio grazie alla sua maggiore solidità, al carattere, alla spietatezza, all’esperienza. Insomma a tutte le doti che l’hanno portata a dominare in Italia e anche in Europa, in questa ultima stagione. Questa stagione che doveva essere di passaggio, sta diventando indimenticabile.
Quando cominciano le ostilità, però, l’andamento sembra un altro. Innanzitutto la fiammata iniziale non si traduce in una valanga di gol. Le due reti sono molto simili, pur con qualche variante. Punizione da trequarti, nel caso della Lazio c’è la zuccata diretta di Radu con Storari che tocca ma non abbastanza da deviare fuori dalla porta. Dall’altro lato Evra, che ha già dimostrato le sue doti di saltatore, mette in condizione Chiellini di inventare una spettacolare semi-rovesciata. Segnano i due capitani. Ma la tenzone s’affloscia, invece di decollare.
La Lazio sembra più compresa nel ruolo, almeno all’inizio, più organizzata nel suo 34-1-2 con Basta e Lulic a impedire lo sfruttamento laterale del campo a Lichtsteiner e Evra. Lo spartito di Pioli ha più ritmo e se la squadra mantenesse il vantaggio probabilmente la storia della gara sarebbe diversa. Ma la risposta bianconera disorienta la manovra laziale. In ogni caso la Lazio mantiene una maggiore capacità di avvicinarsi all’area avversaria mentre la Juventus fa fatica a trovare anche una conclusione da fuori come quella che mette paura a Storari e fa infuriare Allegri perché il giocatore della Lazio trova palla e spazio grazie a un errore bianconero (di Pogba, non in una grande serata lui che in campionato qui aveva devastato i laziali).
Nel finale del primo tempo la Juventus tenta qualche verticalizzazione in più, si allarga, trova qualche varco ma non riesce mai a essere veramente pericolosa. In questo senso c’è un miglioramento nel secondo tempo. Madama aggredisce di più, cerca di avvicinarsi con maggiore convinzione all’area di Berisha. Ma la manovra resta raffazzonata, gli errori di palleggio consistenti, l’equilibrio precario.
Non è che la Lazio sia molto meglio. In generale prevalgono gli sbagli sulle buone giocate. L’approssimazione regna sovrana in entrambi gli schieramenti. In queste condizioni può succedere di tutto. Ipotesi uno: un gol estemporaneo. Ipotesi due: finire ai supplementari o, laggiù in fondo, ai calci di rigore. Buona la seconda, ma solo la prima parte. La Lazio ha due occasioni per andare avanti con Djordjevic, a ridosso del 90’ e poi a inizio del primo supplementare. Il serbo, che ha rilevato Klose, si fa stoppare la prima da Storari e la seconda dal palo. Alessandro Matri, subentrato a Llorente, invece fa centro, complice un flaccido Berisha, ed esclude il ricorso al dischetto. Il Presidente può tornare a casa prima, mentre il popolo bianconero canta: «Andiamo a Berlino». Anche le seconda è andata.