Majid, che preferiva il bar alla moschea Il fratello spacciatore e i corsi di lingua
La vita con altri cinque parenti in 60 metri quadri. «Era a scuola durante la strage»
MILANO Nel palazzo di quattro piani e sedici appartamenti di via Pitagora 14 a Gaggiano, costruito negli anni Sessanta e nel tempo sempre abitato da anziani e operai, la sentenza è già stata emessa. Quel marocchino è colpevole, e non potrebbe essere altrimenti.
Dei Touil si ricordano le «spese condominiali per 32 mila euro non pagate» e l’immondizia, compresi pannolini e assorbenti, «direttamente lanciata dalla finestra». Oppure l’agenzia speciale di pulizia chiamata «non una, ma addirittura due volte» per «eliminare il letamaio dell’ultimo piano » , dove abitano i Touil, schiacciati in un appartamento di sessanta metri quadrati, soggiorno, cucina a vista, camera da letto e bagno, diviso per sei: mamma Fatima, il primogenito con compagna e figlia, una delle due figlie di Fatima e infine Abdel Majid. Eppure quest’ultimo piano è pulitissimo, e nell’insieme la palazzina, anche se modesta, è ben tenuta. Non un rifiuto fuori posto, la posta non lasciata giacere nelle cassette, in ordine il cortile. «Tutti uguali, questi immigrati di m..., loro e le loro tradizioni» sibila una vecchietta dietro il catenaccio della porta blindata. I Touil non sono una famiglia di integralisti. In casa non c’è nemmeno il Corano. E Abdel Majid ha altre cose in testa che la preghiera.
Non frequenta moschee ma soltanto bar della zona, come il Novella 73, popolato da pensionati che tirano sera ai quali si accodava volentieri; quando andava fuori paese, era per stare sui banchi della scuola d’italiano a Trezzano sul Naviglio. L’ha fatto anche nella settimana del giorno dell’attentato a Tunisi. Insegnanti e preside della struttura giurano sia andata così. Abdel Majid era presente. Il ragazzo non si sarebbe però visto nelle ultime due settimane. Per la madre non ci sono misteri: «Non stava bene di salute». Dopodiché, tolto il Novella 73 e la scuola, nell’esistenza e nella geografia di Abdel Majid Touil, non ci sarebbe nient’altro.
Il fratello ha precedenti per spaccio di droga ma forse, da quand’è diventato papà, ha messo la testa a posto. Il civico 14, anche per la presenza di un altro venditore di stupefacenti, è conosciuto dai carabinieri del posto, che appena possono gli buttano un’occhiata. Il centro di Gaggiano si sviluppa attorno al Naviglio, che qui scorre più ampio e pieno rispetto ai modesti canali di Milano. Lontano dal centro, il paese di diecimila abitanti perde le sue caratteristiche e si nasconde nell’anonimo panorama dell’hinterland. Strade, palazzine, viali di collegamento. E la microcriminalità degli immigrati che preoccupa più della presenza delle cosche della ’ndrangheta.
Se Abdel Majid Touil è un terrorista, e se un terrorista normalmente ha capacità e disponibilità di avere documenti falsi e muoversi per tragitti «sicuri», non ha cercato di nascondere le tracce. A inizio febbraio, il papà e la sorella che abitavano con lui in Marocco, nella zona di Casablanca, l’avrebbero trasportato in aeroporto. L’aereo sarebbe stato il primo mezzo usato da Abdel Majid, atterrato in Tunisia con una compagnia low-cost. A Tunisi avrebbe soggiornato per tre giorni in un hotel. Dalla Tunisia sarebbe andato in Libia. Dalla Libia la partenza verso la Sicilia con un barcone soccorso tra il 15 e il 15 febbraio.
Vittima di un clamoroso errore delle autorità tunisine oppure di un caso di omonimia. O forse no, forse Abdel Majid Touil è un terrorista abile a ingannare per prima sua madre se non ad «arruolarla», per convincerla a coprire il gioco, reggere l’alibi. È la madre che, in ritardo rispetto alla scomparsa del passaporto, due mesi dopo è andata a presentare denuncia dai carabinieri. E potrebbe essere un bluff l’iscrizione alla scuola d’italiano, per dimostrare la volontà d’integrarsi. In via Pitagora dicono che i Touil sono abusivi, han buttato giù la porta e preso possesso come sciacalli. Agli investigatori mamma e fratello risultano regolarmente residenti in Italia.