Dall’arrivo all’arresto, ecco tutti i punti oscuri
Èsegnata da numerosi punti oscuri la storia del coinvolgimento di Abdel Majid Touil nell’attentato al museo del Bardo di Tunisi. Misteri che cominciano sin dal suo arrivo in Italia. Perché la notte tra il 15 e il 16 febbraio scorso il giovane marocchino — indicato dalle autorità di Tunisi come uno dei terroristi — è stato ripescato in mare da una delle navi impegnate nelle operazioni di soccorso delle centinaia di migranti e trasferito a Porto Empedocle. Se era inserito in una cellula terroristica che pianificava un attacco così eclatante, perché aveva deciso di lasciare il suo Paese, entrare in Libia e poi partire con un mezzo di fortuna per raggiungere il Paese dove vive la sua famiglia?
Poche ore dopo lo sbarco tenta di scappare insieme ad alcuni connazionali, quando lo riprendono viene portato alla questura di Agrigento. Non prova neanche a chiedere asilo politico, viene fotosegnalato e qualche ora dopo gli notificano il decreto di espulsione. Di lui si perdono le tracce fino ad aprile quando, circa tre settimane dopo l’attacco dei fondamentalisti che ha causato la morte di 24 persone tra cui quattro italiani, le autorità tunisine segnalano ad alcuni Paesi una lista di circa trenta «sospetti».
L’invio dei nomi avviene attraverso i servizi di intelligence, quando l’allerta viene trasmesso alle forze dell’ordine non è specificato che alcuni di quegli stranieri potrebbero essere componenti della cellula terroristica che ha attaccato il Bardo. Si chiede semplicemente di effettuare verifiche sulla eventuale presenza in Italia, come del resto accade ormai quasi ogni giorno dopo gli attentati di Parigi alla rivista Charlie Hebdo e al supermercato Kosher. Quali sono le contestazioni? Perché, se davvero si tratta di un elemento pericoloso, la circostanza non viene evidenziata?
Il controllo compiuto qualche giorno dopo mostra l’ingresso nel nostro Paese, non risulta nulla di più. Abdel Majid Touil rimane una delle centinaia di identità inserite nella banca dati con tanto di impronte digitali. Lunedì tutto cambia. Sul suo arresto ci sono due versioni. Secondo una prima ricostruzione viene fermato durante un controllo casuale della polizia locale di Gaggiano, dove vive con la madre, e quando le sue impronte vengono inserite nel cervellone si scopre che non ha il permesso di soggiorno e avrebbe dovuto lasciare già l’Italia. Accertamenti ulteriori fanno scoprire la segnalazione dalle autorità tunisine che immediatamente vengono avvertite.
In realtà — questa è la seconda versione — sarebbero stati proprio i tunisini a sollecitare il suo arresto trasmettendo all’Italia copia dell’ordine di cattura e — come deve avvenire in questi casi — i poliziotti della Digos e i carabinieri del Ros hanno eseguito il fermo senza svolgere ulteriori indagini. Ecco perché in serata, di fronte alle polemiche sempre più forti sulla sottovalutazione dei pericoli legati ai flussi migratori, dal Viminale viene evidenziata «la bravura degli investigatori italiani che hanno rintracciato lo straniero mettendolo a disposizione della magistratura». Nessuno spiega invece perché si sia deciso di annunciare con grande enfasi la cattura di un «pericoloso terrorista» prima di verificare la fondatezza delle accuse.
Segnalato dagli 007 La strana fuga con un mezzo di fortuna e le segnalazioni degli 007 senza «allerta»