Le «breadwinner» e l’occasione da non perdere
Già emersa nel rapporto Istat 2014, la tendenza si è rafforzata nei 12 mesi successivi: anche in Italia cresce il numero di donne che mantengono la famiglia, spesso o quasi sempre in presenza di un partner disoccupato. I nuclei monoreddito femminile sono il 12,9% , con un balzo di quasi tre punti sul 2008, l’anno che segna l’inizio della recessione. Il fenomeno è noto, anche se forse ancora poco indagato, negli Stati Uniti e in larga parte d’Europa, dove crisi e disoccupazione maschile hanno dato una spinta eccezionale alle «female breadwinners», donne che portano a casa il pane. Certo, il dato muove dalla congiuntura drammatica e, a oggi, in Italia, va incrociato con una serie mortificante: aumento del disagio dei genitori soli; record di disoccupazione giovanile; numero ancora troppo basso di lavoratrici rispetto alla media Ue (2,5 milioni di posti in meno). Nell’anno delle quote di genere, nulla è cambiato nelle carriere e anzi si accentuata la disparità retributiva tra donne e uomini in posizioni manageriali. Mentre l’Istat rileva anche la crescita del lavoro part time, soprattutto quello «involontario», cui sembra fatalmente destinata una sola metà del cielo. Così come quando si parla di lavoratori irregolari si nota come per le donne lo svantaggio resti più elevato.
Resta il fatto che le ragazze sono sempre più istruite e ci sono già oggi almeno 2,4 milioni di signore in grado di assicurare sostentamento ad altrettante famiglie. Se è vero che l’handicap, per le donne italiane, è prima di tutto culturale, l’avanzata delle «breadwinners» è una novità che non può essere trascurata dal Jobs act e dalle politiche per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. La capofamiglia ci costringerà a conciliarci almeno con la distribuzione dei ruoli.
paolapica
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