NUBI NERE SU WHIRLPOOL MA I RIMPIANTI SONO SBAGLIATI
Gli addetti ai lavori avevano avuto sin dall’inizio la sensazione che la vertenza Indesit non sarebbe stata il mero replay di quella Electrolux, pur facendo parte i due gruppi dello stesso settore degli elettrodomestici. E purtroppo il comunicato emesso ieri dalla Whirlpool, con l’annuncio di nuovi esuberi, conferma i presagi negativi.
Non c’è alle viste nessuna soluzione nemmeno «alla Arlecchino» come era stata trovata, utilizzando strumenti assai diversi, per impedire che gli scandinavi abbandonassero l’Italia per delocalizzare in Polonia. Finora la trattativa Indesit si era focalizzata sulla chiusura dello stabilimento di Caserta, prevista dal piano industriale di integrazione tra il gruppo americano e l’azienda venduta dai Merloni.
A fronte di un gelo registrato nella prima fase del negoziato, negli scorsi giorni si era aperto uno spiraglio e i sindacati avevano salutato con favore la novità. Avendo però da ieri gli americani aggiunto altri 480 esuberi (impiegatizi) ai 1.350 denunciati in precedenza il dialogo salta: avremo scioperi e manifestazioni non solo negli stabilimenti del Sud, ma anche nelle Marche e in Lombardia.
Mettendo insieme due gruppi simili per lavorazioni e posizionamento, era scontato che venissero fuori doppioni ed eccedenze di personale, ma l’impressione è che il gruppo dirigente della Whirlpool in Europa abbia adottato fin qui una tattica ondivaga. Il sospetto è che non abbia l’autonomia necessaria per condurre in porto un negoziato difficile e che avrebbe bisogno di essere gestito con mano ferma.
Il rischio per gli americani è di dar ragione a quanti, a Fabriano ma anche nel governo, avrebbero preferito che i Merloni vendessero la Indesit ai cinesi, che non avrebbero avuto problemi di doppioni e anzi avrebbero fatto del sito marchigiano il loro headquarter per l’Europa. Ma i cinesi a Fabriano sarebbero stati, per Whirlpool, un mal di testa ben più grave di quello da cui oggi si dicono afflitti.