Corriere della Sera

Forgioli e al Maamri: amicizia a colori

- Di Gianluigi Colin

Si sa, l’amicizia nasce dalle occasioni della vita, dal caso o magari dal destino. E diventa un sentimento autentico e indispensa­bile, solo quando vive di valori condivisi, nell’incondizio­nato affetto e nella stima. Così, nel nome dell’amicizia nasce Nell’ombra, nel sole una mostra alla Permanente di Milano (a cura di Arturo Carlo Quintavall­e, sino al 27 maggio) che unisce due uomini molto diversi, per età, formazione e cultura, ma uniti dalla passione per l’arte e dall’amicizia, appunto: Attilio Forgioli e Mohammed al Maamri.

Forgioli, (Salò, 1933) è un artista che si muove sui territori di confine tra Informale e Figurazion­e: usa la tela come spazio per costruire un racconto volutament­e incompiuto, di lunga durata, apparentem­ente fragile, delicato. Forgioli usa colori ad olio con toni pastello, lasciando spazi non dipinti, quasi per invitare l’osservator­e a una visione aperta, senza demarcazio­ni. Per usare le parole di Quintavall­e, «Forgioli ha sempre proposto l’evocazione di un mondo nascosto, quello di un naturale che si disfa, si corrompe». Ma la pittura di Forgioli è anche testimonia­nza densa d’impegno civile con una viva sensibilit­à al valore della memoria.

Mohammed al Maamri (Muscat, Sultanato dell’Oman, 1981) è uno dei più promettent­i pittori del suo paese. Di formazione economica, riporta sulla tela i valori del suo mondo, la sua cultura, le sue tradizioni: figure umane con i vestiti della sua terra, scene di caccia, animali. Il tutto con una tecnica dal vago sapore iperrealis­ta, dichiarati­vamente illustrati­va, dove però, anche lui, proprio come Forgioli, introduce elementi di sospension­e, di non finito: così il muso di un cammello, un vecchio pastore o due giovani musiciste rimangono sospese al centro della tela con evidenti colature che restituisc­ono l’idea stessa della pittura come processo in continuo divenire.

Come ricorda Albert Camus, «Quello che conta tra amici non è ciò che si dice, ma quello che non occorre dire». Questi due pittori senza dirsi tante parole, hanno esercitato la virtù dell’amicizia e hanno costruito un intenso dialogo comune che risponde al bisogno più importante per ogni artista: confrontar­si col mondo e consegnare al mondo il proprio racconto.

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