La classe operaia di Testori ha fame di vita
Una compagnia di bravi giovani attori neodiplomati, un regista inventivo come Valter Malosti, che ben sa trattare la materia testoriana, per raccontare, in I segreti di Milano di Giovanni Testori (Fonderie Limone Moncalieri), l’umanità degli estremi margini operai della città negli anni del boom che lotta per sopravvivere, volendo profondamente vivere.
Con sensibilità, Malosti accosta La Maria Brasca e L’Arialda, testi teatrali del 1960, in un succedersi di scene che disegna un viluppo tragico di sentimenti e una tenace voglia di felicità.
Malosti ben guida gli attori, che meriterebbero tutti menzione, lungo l’acre pastosità di quella Milano dalle tinte vere e espressioniste, alla feroce caccia di vita. Maria, vuole a tutti i costi l’uomo che si è scelta — poco importa se è più giovane, se la tradisce e se dovrà mantenerlo —. Contro tutti e tutto lo vuole, e lo avrà. Voglia di felicità. La stessa di Arialda, 40enne che ha promesso fedeltà al fidanzato morto, ma è incattivita, capace di tragiche bassezze, divorata dal desiderio. Voglia di felicità e di purezza quella di suo fratello Eros, «marchetta» aggrappato all’amore per Lino.
Ma questo mondo dove vivi e morti hanno lo stesso dolore e dove per vivere si è incatenati alla vita, non conosce redenzione.