Corriere della Sera

LETTERE AL CORRIERE

IL RE E GIOLITTI

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Prima guerra mondiale

Caro Romano, a margine della sua risposta sulla crisi del maggio 1915 propongo tre precisazio­ni. In primo luogo, che Vittorio Emanuele III abbia minacciato di abdicare se non fosse stato applicato l’«accordo» (non «patto») di Londra del 26 aprile 1915 è una diceria di Salandra. È inattendib­ile che il re abbia minacciato di andarsene all’estero con il figlio, il cui diritto alla Corona non dipendeva dalla sua volontà, ma dallo Statuto. In secondo luogo Giolitti lasciò Roma perché alcuni fanatici ne stavano organizzan­do l’assassinio e la Questura dichiarò di non poterne garantire l’incolumità. Giolitti non si chiuse nel silenzio. Da presidente del Consiglio provincial­e di Cuneo, il 5 luglio dichiarò: «Quando il re chiama il Paese alle armi la Provincia è unanime nella devozione al Re, nell’appoggio al governo, nella illimitata fiducia nell’esercito e nell’armata». Però nel discorso del 13 agosto 1917 (due anni prima di quello di Dronero del 12 ottobre 1919) chiese l’eliminazio­ne della «politica estera a base di trattati segreti», come l’ «arrangemen­t» di Londra, il cui testo fu pubblicato da Lenin nel novembre seguente: un «impegno» che nel maggio 1915 poteva essere revocato da un governo diverso dal Salandra-Sonnino o da un voto delle Camere, nel pieno rispetto dello Statuto.

Aldo A. Mola aldoamola@gmail.com

Grazie per le sue utili informazio­ni. Le «dicerie» di Salandra sono pur sempre quelle di un uomo che fu presidente del Consiglio nel momento delle grandi decisioni. Le dichiarazi­oni di Giolitti nella sua veste di presidente del Consiglio provincial­e di Cuneo sono la forma che il silenzio assume quando un uomo di Stato decide che la lealtà, dopo l’inizio della guerra, è più importante delle sue convinzion­i. Grazie per avermi segnalato il discorso del 1917. La data (12 agosto) è particolar­mente interessan­te. Il discorso dei 14 punti, con cui il presidente degli Stati Uniti invocò una «open diplomacy», una diplomazia alla luce del sole, fu pronunciat­o l’8 gennaio 1918.

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