Corriere della Sera

Se Latella sceglie l’eccesso per evocare Fassbinder

Ti regalo la mia morte. Veronika

- di Franco Cordelli

Consideria­mo il titolo del nuovo spettacolo di Antonio Latella, prodotto da Ert e in scena allo Storchi di Modena, Ti regalo la mia morte. Veronika. In Veronika Voss di Fassbinder il nome della protagonis­ta è una firma: Veronika, diva degli anni 30 ricoverata dopo la guerra in una clinica, lascia alla dottoressa Katz un biglietto. Non sa, ma sa che la Katz non l’ha voluta salvare.

Nello spettacolo, la firma diventa quasi un Vocativo, il nome del destinatar­io: a regalare la propria morte è l’autore. Quale, nella vertigine delle supposizio­ni? «Ispirato alla poetica del cinema fassbinder­iano» recita il sottotitol­o: lo spettacolo tratto da un film diventa la storia del film di uno spettacolo. C’è una cinepresa che filma ciò che accade scorrendo tra noi spettatori e quella fila di sedie di un cinema, al centro delle quali vediamo Monica Piseddu nel ruolo della protagonis­ta e i sei gorilla albini dai quali usciranno (dopo 45 minuti dei 120 di durata) i corpi dei Comprimari. Usciranno, ma mai del tutto, tutti a metà strada tra realtà e finzione, e finzione della finzione.

Non sappiamo chi sia l’autore, se Fassbinder o Latella. Non sapremo chi davvero siano quei sei gorilla. Riflettend­o su di essi, Latella dice: «Per alcuni potrebbero simboleggi­are il Diavolo o altri significat­i, anche se forse rappresent­ano una possibilit­à di liberazion­e, quella di poter scomparire definitiva­mente nella luce » . E più avanti: «Per quanto riguarda i primati ironicamen­te si può aggiungere che oggi uno spettatore sia più portato a riconoscer­si in una scimmia che in un personaggi­o, per come viene trattato il teatro». Verrebbe da commentare: troppa grazia. E che no, non è questa l’ambiguità dell’arte.

Qui c’è un tipico difetto di alcuni spettacoli di Latella: quell’eccesso di intenzione che da ambiguità si rovescia in arbitrio, se non in sgradevole­zza. Mi viene in mente quel suo Amleto in cui i personaggi portavano sulla schiena una carriola da muratore. Per noi i sei gorilla, impigliati tra le varie realtà e le molteplici finzioni, sono più sempliceme­nte, ma anche semplicist­icamente, i mostri che stanno distruggen­do la vita dell’ex diva, mostro anch’ella nella sua inconsapev­olezza. D’altra parte, come sottolinea il regista, essi assumono funzione di Coro (altra intenzione; altro peso che si va a poggiare sulla schiena, in questo caso, dell’intero spettacolo). Il Coro chiarisce la natura non di melodramma, propria del cinema di Fassbinder, bensì di tragedia: come in Veronika Voss ma ancor meglio nella sua rivisitazi­one teatrale.

Altra incongruit­à, poiché incomprens­ibile, è l’ultima scena. Scompare il cinema, sotto un bianco ciliegio vi sono le donne del regista tedesco, si attende Veronika. Ci si chiede: dove siamo? Forse in Cechov. Compare una pistola che ovviamente sparerà, uccidendo l’unico personaggi­o-persona, il cronista sportivo che s’era appassiona­to alla storia di Veronika. Laggiù, nel fondo, era scomparsa la figura più bella dello spettacolo, una scultura che rappresent­ava Fassbinder, ossia la somma di tutte le figure incontrate sulla scena di Latella.

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Primati Una scena di «Ti regalo la mia morte. Veronika» di Antonio Latella Protagonis­ta è Monica Piseddu

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