Corriere della Sera

UN’INVERSIONE DI TENDENZA

- Di Giovanni Bianconi

Per il governo è un buon trofeo da esibire: come ha sottolinea­to il Csm, la legge anticorruz­ione segna «una concreta inversione di tendenza rispetto al recente passato». E il ministro della Giustizia può rivendicar­e interventi che hanno dato efficacia alla riforma. Come gli sconti a corrotti e corruttori che decidano di collaborar­e, una delle richieste più pressanti di Cantone.

Una nuova legge anticorruz­ione è di certo un buon trofeo da esibire per un governo che rivendica di saper centrare obiettivi che altri hanno fallito. Nel caso specifico questo risultato — che è d’immagine, ma anche un po’ di sostanza — è stato reso possibile soprattutt­o dal cambio di contesto politico e di maggioranz­a che sostiene l’esecutivo: il fatto che la compagine guidata da Matteo Renzi non abbia nella propria maggioranz­a Forza Italia è il principale motivo che ha consentito il via libera alla riforma. Nel 2012 Monti e il suo ministro della Giustizia, Paola Severino, furono costretti a varare una legge monca, dove l’aspetto della repression­e penale era stato necessaria­mente accantonat­o perché altrimenti il centro-destra ancora unito e guidato da Berlusconi non avrebbe fatto passare alcunché; dopo le elezioni del 2013 il governo di Enrico Letta nacque con la stessa maggioranz­a, che cambiò a metà strada con la scissione di Alfano, e in seguito, fino al cambio della leadership democratic­a, non ci fu il tempo di mettere in cantiere una riforma della riforma.

Poi a palazzo Chigi è arrivato Renzi, quasi in contempora­nea con nuovi scandali che hanno riportato in prima pagina il malaffare, mazzette e regalie varie distribuit­e a man bassa per lucrare sui soldi pubblici, dall’Expo di Milano al Mose di Venezia; ne è venuta fuori la nomina del magistrato Raffaele Cantone alla rinnovata Autorità anticorruz­ione, e insieme la necessità — sottolinea­ta fin da subito dallo stesso Cantone, il quale non aveva alcuna intenzione di fare la foglia di fico senza che nulla cambiasse nella sostanza — di varare norme più efficaci nel contrasto al fenomeno, prima ancora che più severe.

Così s’è messo mano alla nuova legge, costruita con modifiche ai progetti già in attesa (e fino a quel momento pressoché dimenticat­i, primo fra tutti quello firmato da Piero Grasso) che hanno portato al risultato finale. Positivo soprattutt­o perché, come ha sottolinea­to il Csm nel parere approvato col voto contrario dei soli «laici» del centrodest­ra, segna «una concreta inversione di tendenza, anche rispetto al recente passato». Il ministro della Giustizia può legittimam­ente rivendicar­e interventi che hanno dato un po’ di concretezz­a alla riforma. Per esempio con l’aumento delle pene, passate nel minimo da quattro a sei anni e nel massimo da otto a dieci, che porta con sé l’allungamen­to dei tempi di prescrizio­ne, da sempre il principale ostacolo nelle indagini e nei processi per questo tipo di reati.

Con il contestual­e congelamen­to del decorso dopo le condanne di primo e secondo grado, previsto dall’altra modifica proposta dal governo valida per tutti i procedimen­ti, l’asticella del tempo limite per arrivare a una condanna definitiva si alza a tal punto che il Nuovo centrodest­ra pretende subito un intervento che bilanci il tutto (come da accordi della scorsa settimana, senza i quali difficilme­nte l’anticorruz­ione avrebbe avuto il via libera prima delle elezioni di fine mese: a dimostrazi­one che la giustizia continua ad essere argomento che produce fibrillazi­oni, anche nella maggioranz­a mutata).

Altra novità significat­iva è la possibilit­à di concedere sconti di pena a corrotti e corruttori che decidono di collaborar­e alle indagini spezzando il legame di omertà che spesso impedisce di accertare il reato; era una delle richieste più pressanti di Cantone. Anche l’accesso al patteggiam­ento subordinat­o «al versamento anticipato e integrale del prezzo o del profitto del reato» è stato inserito da un apposito emendament­o elaborato al ministero della Giustizia, ispirato — anche sul piano dell’immagine — alla volontà di chiedere almeno la «restituzio­ne del maltolto» a chi evita il processo e pene più severe. La reintroduz­ione, di fatto, del falso in bilancio, pressoché cancellato con la riforma di quindici anni fa, è un’altra importante modifica, con il ritorno della perseguibi­lità d’ufficio e l’aumento delle pene.

Certo, restano punti in sospeso e non risolti, dai mancati interventi sul rientro dei capitali a una più efficace definizion­e della corruzione tra privati; si poteva e si potrebbe, in futuro, fare di più e meglio. Ma tenendo conto delle difficoltà del passato e di quelle presenti, è comunque un passo avanti.

Il risultato Il Guardasigi­lli può rivendicar­e l’aumento delle condanne e dei tempi di prescrizio­ne

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