Corriere della Sera

Una norma congela i vitalizi

Nel decreto sui rimborsi spunta la norma che colpisce gli assegni dei parlamenta­ri e dei consiglier­i regionali

- Di Lorenzo Salvia

ROMA Anche se indirettam­ente, i vitalizi dei parlamenta­ri entrano nel blocco della rivalutazi­one previsto per le pensioni più alte. La norma è contenuta nel primo articolo del decreto legge approvato lunedì scorso in consiglio dei ministri, dopo la sentenza della Corte costituzio­nale che ha bocciato lo stop per l’adeguament­o all’inflazione degli assegni deciso dal governo Monti. Cosa succede?

Se una persona ha sia una pensione che un vitalizio, parlamenta­re o regionale che sia, e la somma dei due assegni supera i circa 3 mila euro lordi al mese, lo stop alla rivalutazi­one riguarderà sia l’assegno dell’Inps sia quello del Parlamento. E questo perché le nuove regole, che eliminano la rivalutazi­one al di sopra dei 3 mila euro lordi, «si riferiscon­o a ogni singolo beneficiar­io in funzione dell’importo complessiv­o di tutti i trattament­i pensionist­ici in godimento, inclusi gli assegni vitalizi derivanti da uffici elettivi». La legge non può toccare direttamen­te i vitalizi: la materia può essere regolata solo dall’organo elettivo di appartenen­za, come è successo con le delibere di Camera e Senato che hanno deciso lo stop degli assegni per i parlamenta­ri condannati. Ma qui interviene sul cosiddetto «cumulo», cioè sulla somma di vitalizio e pensione, mettendo le due voci sullo stesso piano giuridico. Difficile dire in quanti casi la norma sarà applicata concretame­nte. Ma, a pochi giorni dal voto per le regionali, il messaggio politico è chiaro.

Per il resto, il decreto legge conferma sostanzial­mente le anticipazi­oni degli ultimi giorni.

Per la restituzio­ne degli arretrati del 2012 e del 2013, non si andrà oltre il 40%, la percentual­e prevista per chi ha un assegno fra le tre e le quattro volte il minimo, e cioè da 1.443 e 1.924 euro lordi al mese. Mentre si scenderà al 20% nella fascia fra quattro e cinque volte il minimo, al 10% fino a sei volte il minimo, per scendere a zero con gli assegni più alti. Nel 2014, invece, la rivalutazi­one è prevista al 20% di quella accordata per il 2012-13 e risalirà al 50% a partire dal 2016.

Un’altra piccola sorpresa spunta all’articolo 5, quello che neutralizz­a il taglio delle pensioni in caso di cattivo andamento dell’economia. L’assegno non viene ridotto, nonostante la prolungata recessione del Pil avrebbe prodotto, con le regole attuali, una leggera svalutazio­ne del montante contributi­vo sul quale si calcola la pensione. La svalutazio­ne non ci sarà, in ogni caso parliamo di pochi centesimi, «salvo recupero da effettuare sulle rivalutazi­oni successive » . Se nei prossimi anni l’economia dovesse riprendere a tirare, quindi, si guadagnerà qualcosina in meno sull’assegno.

Un’altra misura della quale finora non si era parlato è quella che rende più semplice la richiesta di anticipare nella busta paga il Tfr, il trattament­o di fine rapporto. Nel decreto ci sono delle regole che facilitano i finanziame­nti bancari per quei datori di lavoro che non intendono o non possono anticipare il Tfr con risorse proprie.

Gli arretrati Per la restituzio­ne del pregresso per gli anni 2012 e 2013 non si andrà oltre il 40% Anticipo del Tfr Nel decreto facilitazi­oni sui finanziame­nti per i datori di lavoro impossibil­itati a farlo

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