Corriere della Sera

Il giorno della strage Touil era a Gaggiano

La conferma dai registri: poche ore dopo era in classe. Alfano: gravi indizi, ma l’indagine non compete a noi

- Andrea Galli Cesare Giuzzi

La grafia è incerta e quasi infantile. Il quaderno ha le righe a spazi larghi, quelle dei primi anni delle elementari. Abderazzak, il fratello maggiore di Abdel Majid Touil, lo sfoglia in cerca di una pagina precisa: «Giove, 19 marzo 15. Trasforma al plurale/singolare». È la pagina scritta il giorno dopo l’attentato nel museo del Bardo di Tunisi.

Il 22enne marocchino Abdel Majid Touil è in carcere da martedì con l’accusa, formulata dalle autorità tunisine in un mandato di cattura internazio­nale, di avere partecipat­o alle fasi organizzat­ive ed esecutive della strage. «Questo è il quaderno sul quale mio fratello studiava l’italiano. Era a scuola, quei giorni: come avrebbe fatto a rientrare dalla Tunisia? » . L’interrogat­ivo è lo stesso al quale cercano di dare una risposta gli investigat­ori dell’antiterror­ismo, coordinati dal procurator­e aggiunto Maurizio Romanelli: hanno spiegato che alla luce delle testimonia­nze di familiari, amici e insegnanti del corso per stranieri nella scuola di Trezzano sul Naviglio, è altamente probabile che il marocchino arrestato a Gaggiano (dopo pedinament­i e All’arrivo Abdel Majid Touil fa il segno della vittoria mentre la nave Orione, che ha soccorso il suo barcone, attracca a Porto Empedocle, in Sicilia, il 17 febbraio controlli sulle sue frequentaz­ioni per almeno una settimana), nel giorno dell’attentato fosse in Italia. Dalle indagini, comprese quelle sul materiale sequestrat­o nella casa di via Pitagora 14, come due schede telefonich­e e alcune pen drive, « non è emersa prova di un viaggio all’estero di Touil dopo l’arrivo a Porto Empedocle il 16 febbraio».

Il marocchino, come ribadito agli investigat­ori dalla professore­ssa della scuola d’italiano Flavia Caimi, «è stato segnato presente sui registri scolastici sia il giorno 16 sia il 19 marzo». Ora, è da provare che a una dichiarata presenza ne corrispond­a una reale. Ma le versioni di vertici e docenti dell’istituto coincidono. E poi, perché dovrebbero mentire? Touil aveva iniziato a frequentar­e la scuola ai primi di marzo. «Lo faceva per cercare lavoro. Un bravo studente. Terrorista? Non aveva neanche i soldi per le sigarette» dice Fatiha Boualy, 28 anni, marocchina. Era stata la madre del ragazzo, la 44enne Fatima, badante di un’anziana, a convincerl­o a iscriversi al corso che frequentav­a da tempo. Entrambi appartenev­ano al corso di «livello A», quello di alfabetizz­azione. Il test d’ingresso è datato 6 marzo, la prima lezione l’11.

A scuola, come a Gaggiano dove abitava con madre, fratello e una sorella, Touil non sarebbe mai dovuto esserci: aveva ricevuto un ordine del questore di Agrigento di abbandonar­e il suolo italiano, ordine disatteso tanto che dalla Sicilia era subito salito nell’hinterland milanese. L’istituto non sapeva dell’irregolari­tà del ragazzo e in ogni caso «non avremmo potuto effettuare verifiche sulla sua identità». Gli investigat­ori attendono gli atti dal Tribunale di Tunisi. Per valutare meglio i reati contestati, per leggere cos’abbia fatto e chi abbia incontrato Touil prima di lasciare il Nordafrica. Il ministro Alfano ha spiegato che il marocchino «è gravemente indiziato di essere coinvolto nell’efferata azione terroristi­ca a Tunisi. Ma l’indagine non compete a noi». Oggi Touil comparirà davanti ai giudici della quinta corte d’Appello di Milano. L’antiterror­ismo, che vuole andare fino in fondo a questa storia, ha ascoltato i conoscenti della famiglia. Qualcuno ha raccontato che Fatima avrebbe detto di dover raccoglier­e soldi per i viaggi del figlio tra Italia e Marocco, e sono partite ipotesi sul vero

La testimonia­nza «Veniva ai corsi di lingua per cercare lavoro: non aveva nemmeno i soldi per le sigarette»

«utilizzo» del denaro. È stata la donna a spiegare: «In casa lo stipendio lo porto io. Una parte la mando a mio marito in Marocco, che non lavora per un problema alla schiena. Il resto lo affido ai figli. Sì, ho contribuit­o ai viaggi del primogenit­o. Ma non di Abdel Majid. Per il semplice motivo che non era mai stato in Italia».

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