Il giorno della strage Touil era a Gaggiano
La conferma dai registri: poche ore dopo era in classe. Alfano: gravi indizi, ma l’indagine non compete a noi
La grafia è incerta e quasi infantile. Il quaderno ha le righe a spazi larghi, quelle dei primi anni delle elementari. Abderazzak, il fratello maggiore di Abdel Majid Touil, lo sfoglia in cerca di una pagina precisa: «Giove, 19 marzo 15. Trasforma al plurale/singolare». È la pagina scritta il giorno dopo l’attentato nel museo del Bardo di Tunisi.
Il 22enne marocchino Abdel Majid Touil è in carcere da martedì con l’accusa, formulata dalle autorità tunisine in un mandato di cattura internazionale, di avere partecipato alle fasi organizzative ed esecutive della strage. «Questo è il quaderno sul quale mio fratello studiava l’italiano. Era a scuola, quei giorni: come avrebbe fatto a rientrare dalla Tunisia? » . L’interrogativo è lo stesso al quale cercano di dare una risposta gli investigatori dell’antiterrorismo, coordinati dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli: hanno spiegato che alla luce delle testimonianze di familiari, amici e insegnanti del corso per stranieri nella scuola di Trezzano sul Naviglio, è altamente probabile che il marocchino arrestato a Gaggiano (dopo pedinamenti e All’arrivo Abdel Majid Touil fa il segno della vittoria mentre la nave Orione, che ha soccorso il suo barcone, attracca a Porto Empedocle, in Sicilia, il 17 febbraio controlli sulle sue frequentazioni per almeno una settimana), nel giorno dell’attentato fosse in Italia. Dalle indagini, comprese quelle sul materiale sequestrato nella casa di via Pitagora 14, come due schede telefoniche e alcune pen drive, « non è emersa prova di un viaggio all’estero di Touil dopo l’arrivo a Porto Empedocle il 16 febbraio».
Il marocchino, come ribadito agli investigatori dalla professoressa della scuola d’italiano Flavia Caimi, «è stato segnato presente sui registri scolastici sia il giorno 16 sia il 19 marzo». Ora, è da provare che a una dichiarata presenza ne corrisponda una reale. Ma le versioni di vertici e docenti dell’istituto coincidono. E poi, perché dovrebbero mentire? Touil aveva iniziato a frequentare la scuola ai primi di marzo. «Lo faceva per cercare lavoro. Un bravo studente. Terrorista? Non aveva neanche i soldi per le sigarette» dice Fatiha Boualy, 28 anni, marocchina. Era stata la madre del ragazzo, la 44enne Fatima, badante di un’anziana, a convincerlo a iscriversi al corso che frequentava da tempo. Entrambi appartenevano al corso di «livello A», quello di alfabetizzazione. Il test d’ingresso è datato 6 marzo, la prima lezione l’11.
A scuola, come a Gaggiano dove abitava con madre, fratello e una sorella, Touil non sarebbe mai dovuto esserci: aveva ricevuto un ordine del questore di Agrigento di abbandonare il suolo italiano, ordine disatteso tanto che dalla Sicilia era subito salito nell’hinterland milanese. L’istituto non sapeva dell’irregolarità del ragazzo e in ogni caso «non avremmo potuto effettuare verifiche sulla sua identità». Gli investigatori attendono gli atti dal Tribunale di Tunisi. Per valutare meglio i reati contestati, per leggere cos’abbia fatto e chi abbia incontrato Touil prima di lasciare il Nordafrica. Il ministro Alfano ha spiegato che il marocchino «è gravemente indiziato di essere coinvolto nell’efferata azione terroristica a Tunisi. Ma l’indagine non compete a noi». Oggi Touil comparirà davanti ai giudici della quinta corte d’Appello di Milano. L’antiterrorismo, che vuole andare fino in fondo a questa storia, ha ascoltato i conoscenti della famiglia. Qualcuno ha raccontato che Fatima avrebbe detto di dover raccogliere soldi per i viaggi del figlio tra Italia e Marocco, e sono partite ipotesi sul vero
La testimonianza «Veniva ai corsi di lingua per cercare lavoro: non aveva nemmeno i soldi per le sigarette»
«utilizzo» del denaro. È stata la donna a spiegare: «In casa lo stipendio lo porto io. Una parte la mando a mio marito in Marocco, che non lavora per un problema alla schiena. Il resto lo affido ai figli. Sì, ho contribuito ai viaggi del primogenito. Ma non di Abdel Majid. Per il semplice motivo che non era mai stato in Italia».