Abolire il frac? I ragazzi di Oxford: «Grazie, noi no»
Uno studente dell’università di Oxford sa bene che cosa significhi «sub fusc». È un acronimo di derivazione latina subfuscus, ovvero «scuro», contenuto nel regolamento del prestigioso ateneo inglese sul decoro sartoriale, l’ « academic dress», da osservare quando si sostengono gli esami e la discussione di laurea. Severo, immodificabile nei secoli, è anche questo il simbolo di appartenenza a una istituzione che ha regalato alla storia cinquanta premi nobel, 126 medaglie olimpiche, 26 primi ministri britannici. E non si contano i leader internazionali, i poeti, i filosofi, gli scrittori.
Non si ammettono deroghe: ragazzi e ragazze devono indossare camicia bianca con farfallino o cravatta bianca o scura, pantaloni o gonna scura, giacca scura, calze scure. Scuro significa prevalentemente nero. Qualcosa che ricorda il frac. È il codice per gli oxoniani (o oxoniensi, chi studia a Oxford).
L’Inghilterra è stata la culla del movimento degli «Angry young men», il corrispettivo della «Beat Generation» americana, lo spirito ribelle degli anni Sessanta e Settanta, ha inventato con Mary Quant la minigonna, ha lanciato le mode alternative della «Swinging London» e di Carnaby Street. Ma il «sub fusc» ha tenuto duro a ogni contestazione.
La tradizione è la tradizione. Chi l’ha detto che le nuove generazioni ne siano allergiche? Nel 2006 un gruppo di giovani di Oxford lanciò un referendum nella università per liberalizzare l’academic dress. I tempi sembravano maturi per la riforma. Invece l’81% bocciò l’azzardo. Adesso qualcuno ci riprova, seconda consultazione per l’abolizione del «sub fusc». E, pare, ennesimo rifiuto. Il giornale degli studenti di Oxford, The Oxford Student, segnala con interviste a tappeto che gli umori prevalenti non sono mutati: 7 su dieci non intendono rinunciare al vestito scuro, il simil frac.
Oxford è un laboratorio di futuro, di modernità e progresso. Ma sotto sotto, sorpresa o no, l’oxoniano resta un geloso cultore dell’antico bon ton. Arriva Facebook. Arriva Twitter. Arriva di tutto, però il «sub fusc» non finisce impolverato e dimenticato in cantina. Che sia nostalgia. Che sia golardia. Che sia gioia. Comunque sia: inguaribili romantici, questi ragazzi. Così tradizionalisti. E così rivoluzionari, a modo loro.