Corriere della Sera

IL DECRETO CHE MANCA PER DAR LAVORO AI GIOVANI

- Di Dario Di Vico

Si chiama solidariet­à espansiva e nella stagione della «ripresa senza lavoro» è una variabile di cui tener conto. Le cose stanno così: Telecom ha deciso un piano di assunzioni di 4 mila unità in 4 anni ma per partire aspetta di capire quando uscirà il quarto decreto attuativo del Jobs act e soprattutt­o come sarà scritto. Come Telecom aspettano quasi tutte le grandi imprese, che avrebbero bisogno di far entrare giovani in fabbrica e ridurre l’orario degli attuali dipendenti in età avanzata. La solidariet­à espansiva, infatti, si basa su uno scambio: meno ore lavorate e più assunti. Tagliando del 5% le presenze in un gruppo di 20 mila addetti ne verrebbero fuori 2 mila nuovi posti di lavoro. I «vecchi» contratti di solidariet­à servivano alle aziende a far cassa spostando sullo Stato una parte del costo del lavoro, i nuovi — almeno nella versione Telecom — dovrebbero avvenire a costo del lavoro invariato. Lo Stato dovrebbe però — e qui sta il nodo — corrispond­ere il 70% della paga ridotta al lavoratore, il quale contribuir­ebbe con un’autoriduzi­one del 30% limitata al solo reddito (e non alla contribuzi­one). Ovviamente per accettare di guadagnar meno un lavoratore deve pensare che la propria scelta serve a riaprire i cancelli ai giovani e quindi deve accettare di entrare in una logica di sistema. I ritardi del governo a percorrere la strada della solidariet­à espansiva sono dovuti al costo dell’operazione e al giudizio della Ragioneria generale. Chi parteggia per questa soluzione invita però a tener conto che con la «vecchia» solidariet­à lo Stato era mero pagatore mentre in questo caso le erogazioni per ridurre l’orario verrebbero compensate in parte dall’Irpef e dai contributi pagati per i nuovi assunti. Il periodo di attuazione dello scambio sarebbe nell’ordine dei due anni e nel frattempo il ricambio potrebbe essere aiutato dall’aumento di quella che in gergo viene chiamata la «platea pensionabi­le».

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