Barnes, un pedante in cucina: gli ingredienti? Sono sempre intoccabili
Il consiglio numero uno è «niente approssimazione. Tra i fornelli bisogna dimenticare l’istinto»
Non è detto che un grande chef debba essere un grande scrittore. Ma non è detto che un grande scrittore non voglia o possa pretendere dai lettori un’attenzione ai libri scritti dagli chef come se fossero esercizi di grande e sacrale letteratura. E infatti Julian Barnes, in questo suo «Il Pedante in Cucina» (in edicola da oggi con il Corriere della sera per la serie «Storie di Cucina»), si fa forte, parlando di libri di ricette, di una citazione di Joseph Conrad, tratta da una sua prefazione al libro di cucina della moglie Jessie: «Un libro di cucina ha uno scopo soltanto ed è inequivocabile. L’unico obiettivo che gli si possa plausibilmente attribuire è di accrescere la felicità del genere umano». Vasto programma. Vastissimo. Ma Barnes sostiene che non si può essere approssimativi, malati di faciloneria, superficiali, sciatti, quando si trae ispirazione da un libro di cucina. Scopriamo infatti che Barnes è un attento lettore di questi libri. Ma non sopporta che vengano trattati come un’ «opera aperta», disponibile a ogni interpretazione. Lo chef scrive quello, e quello bisogna fare. Scrupolosamente. Dettagliatamente. Pedantemente, appunle to. «A dispetto della comune idea romantica, non è vero che ogni persona ha dentro di sé un romanzo; né che ogni chef ha dentro di sé un libro di ricette». Ma allora bisogna trattare quei libri con devota attenzione. Non è che se si indica un certo tipo di pomodoro, il lettore può fare di testa sua e sceglierne un altro tipo. E poi le dosi: quelle sono scritte e queldi devono essere. E gli ingredienti: quelli sono scritti e quelli devono essere. Uno scrittore non sopporta l’idea che un libro di ricette venga preso con trascuratezza. Ma anche gli chef devono fare la loro parte. Devono essere pedanti, autoritari, tassativi, intransigenti. Racconta Barnes: «Il peggior pasto della mia vita — peggiore nel senso di più irritante — mi fu servito in un ristorante stellato francese in cui lo chef aveva elevato la non-pedanteria a principio e slogan: pubblicizzava quello che faceva come cuisine d’istinct ». Ecco, l’istinto no. L’istinto è esattamente quello che legioni di dilettanti vorrebbero fosse legittimato dai nuovi leader d’opinione che sono diventati gli chef stellati. Solo che lo chef, secondo Barnes, non deve fare opinione. Ma deve scrivere cose precise, con un mestiere senza sbavature, senza divismi. Questa è la grande letteratura dei ricettari secondo Julian Barnes: la pignoleria, l’esattezza, la pedanteria, l’assoluta precisione, il rifiuto dell’opinione. Un esercizio di ascesi. Quasi una preghiera, con i libri di ricette come nuovi messali. Barnes, il pedante in cucina, è un fondamentalista. Lo chef il suo profeta.