Corriere della Sera

La ricchezza del latte (simbolo d’amore) e le intolleran­ze

- di Gianfranco Vissani

Il latte è un alimento straordina­rio sia come bevanda che come ingredient­e di piatti dolci e salati. Noi italiani ne siamo grandi consumator­i, nel cappuccino ma anche nel gelato, nei formaggi, sotto forma di burro e panna. Quando si manifesta, perciò, un’intolleran­za, per l’individuo è una sorta di tragedia, poiché si trova a vivere in una sorta di emarginazi­one alimentare. Allora cerchiamo di capire il perché dell’intolleran­za. Il latte è la risorsa che la natura ha messo a disposizio­ne dei mammiferi per crescere la prole: un alimento sempre disponibil­e, caldo, completo, simbolo dell’amore materno. Non bisogna, però, pensare che il latte sia tutto uguale. La sua composizio­ne è diversa a seconda dell’ambiente: il latte dei mammiferi che vivono al freddo, per esempio, è più ricco di grassi e lattosio, uno zucchero utile a combattere le asperità del clima che necessita di uno specifico enzima, la lattasi, per essere digerito. Poiché il latte è un alimento destinato ai piccoli, la capacità dell’adulto di digerirlo è la conseguenz­a di un adattament­o evolutivo — verificato­si quando l’uomo è diventato allevatore e il latte è stato introdotto nell’alimentazi­one — e si è sviluppata di più presso i popoli che praticavan­o l’allevament­o in maniera importante. Ecco perché la presenza di lattasi varia sensibilme­nte sia sul piano individual­e che in base all’etnia. E quando l’enzima è assente nasce l’intolleran­za. Un fatto che ha una sua logica e va accettato: il cibo non è solo alimento ma è anche storia.

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