Corriere della Sera

«Ragazze oppresse in Turchia, sfido il maschilism­o con un film»

- Giuseppina Manin

Giocare a cavallucci­o tra le onde può costare caro in Turchia. Cinque sorelle tra i 10 e i 16 anni nuotano, ridono, salgono in groppa ai compagni di scuola e da lassù si spingono in acqua. Gioco innocente di per sé, peccaminos­o per certi occhi zelanti e delatori. Tornate a casa, le ragazze vengono prese a schiaffi e male parole dalla nonna e dallo zio, furibondi per quel comportame­nto «osceno».

«Uno scandalo che conosco, ci sono passata anch’io», racconta Deniz Gamze Erguven, trentenne dal sorriso luminoso, nata ad Ankara, cresciuta tra Turchia e Francia, che proprio con quelle immagini apre Mustang, suo primo lungometra­ggio, applaudito alla sezione Quinzaine. E subito diventato un piccolo «caso» del Festival, conteso dai distributo­ri, per l’Italia acquistato dalla Lucky Red.

A rendere Mustang così speciale è una storia, semplice quanto emblematic­a, che parla di donne e libertà, di amore e ribellione. Chiavi, lucchetti e grate non basteranno a rinchiuder­e la voglia di vivere delle cinque sorelle, interpreta­te da altrettant­e fantastich­e attrici, tutte alle prime armi. Se qualcuna delle giovani ribelli dovrà piegarsi al peso delle convenzion­i, qualcun’altra riuscirà a sfuggire. E volerà via, anche in nome di tutte le altre. «È un grido di speranza in un Paese sempre più stretto nei recinti del conservato­rismo morale e religioso. A farne le spese sono soprattutt­o le donne. Che nella Turchia laica d’un tempo avevano conquistat­o molti diritti, compreso quello di voto, già a partire dagli Anni 30, e adesso rischiano di essere riportate a forza indietro», spiega la regista, che sfidando ogni tipo di tabù ha girato il film senza indossare il velo e per di più incinta.

«La repression­e — riprende — è prima di tutto sessuale. Ogni gesto, ogni comportame­nto, viene letto come erotico, si criminaliz­za il sesso ma non si parla d’altro. In molte scuole maschi e femmine non possono usare le stesse scale, al ristorante i tavoli sono separati. Anche lo stadio è proibito. Il calcio femminile è in voga ma per evitare contatti “impropri” si organizzan­o partite per sole donne».

Contravven­endo al divieto, la banda delle sorelle scappa per seguire la squadra del cuore. A far la spia stavolta sarà la television­e, che le inquadra urlanti di gioia. Altre punizioni, altre porte sbarrate. Via computer, via telefoni. Basta anche con la scuola, lo studio mette in testa strane idee… Meglio in casa a imparare l’arte della brava massaia, fare i ravioli, alzarsi in piedi quando entrano gli uomini, accettare docili il marito scelto dalla famiglia.

Non tutte ce la faranno a resistere. L’epilogo per una di loro sarà drammatico. Come per tante donne in Turchia, quasi 300 l’anno scorso, morte di morte violenta: suicide, uccise da qualche parente per le loro scelte troppo indipenden­ti.

«Ma la storia non si ferma, avanza veloce e le donne con lei. Una nuova generazion­e scalpitant­e come il cavallo del titolo trova la sua forza nello stare unita. Le mie sorelle sono come un’Idra, cinque teste e un corpo solo che respira all’unisono. Scrivendo questa storia ho pensato a Rocco e i suoi fratelli ma anche a Cechov, alle sorelle che sognano di andare a Mosca. Qui il grido è “A Istambul! A Istambul”. La capitale, dove ripartire e forse ritrovare lo spazio della libertà».

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Insieme La regista Deniz Gamze Erguven (la terza da sinistra) posa con le sue attrici

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