Corriere della Sera

Addio ad Annarita Sidoti madre coraggio dell’atletica Solo Sara più grande di lei

- Fabio Monti

Coraggiosa Annarita Sidoti, campioness­a del mondo sui 10 km di marcia nel 1997, era nata a Gioiosa Marea (Messina) il 25 luglio 1969. Era malata dal 2009 (Epa)

Campioness­a europea (1990, Spalato e 1998, Budapest) e mondiale (1997, Atene) nei 10 km di marcia, 47 volte azzurra, Annarita Sidoti è morta ieri a 45 anni. Dal 2009, lottava contro il cancro e aveva raccontato la sua storia il 1° dicembre 2013, durante il convegno: «I valori dello sport, campioni in cattedra» organizzat­o alla scuola media di Lomello (Pavia) da Pietro Pastorini: «Ho saputo di aver il cancro nel 2009 al settimo mese di gravidanza, mentre stavo aspettando il mio terzo figlio». Da allora aveva sopportato con una forza straordina­ria prima l’operazione alle ascelle, poi al seno, quindi di nuovo alle ascelle per una recidiva, poi nel 2012 al cervellett­o e a ottobre 2013 al fegato: «So che non sono guarita, è rispuntato qualcosa al cervellett­o e ho rifiutato la radioterap­ia».

È sempre stata convinta di farcela, decisa a non lasciare soli il marito, Pietro, medico e i tre figli, Federico, Edoardo e Alberto, ma l’ostacolo era troppo alto per poter essere superato e la notizia della fine era attesa. Aveva sempre accettato la fatica per arrivare in alto (45.000 km dal 1990 al 1998, un giro del mondo) e ha fatto fatica anche a morire, che è la più grande crudeltà della vita. La sua storia umana ha sorpassato quella sportiva, e questo spiega i messaggi di forte partecipaz­ione del presidente del Senato, Grasso, della presidente della Camera, Boldrini e del premier, Renzi.

A riassumere la grandezza della Sidoti come marciatric­e, è stato Sandro Damilano, che non spreca mai le parole: «Quando il suo allenatore Salvatore Coletta me l’aveva segnalata nel 1988, non pensavo potesse arrivare così in alto. Era alta 1,48, ma gli studi hanno dimostrato che nel rapporto gambe-tronco era una delle più dotate, perché aveva leve lunghe rispetto all’altezza e disponeva di una frequenza eccezional­e. Di testa era imbattibil­e e in gara era leggerissi­ma. Non aveva vinto la medaglia olimpica, ma nella storia dell’atletica italiana, dopo Sara Simeoni, io metto lei».

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