Corriere della Sera

Errori, inesperien­za, panini e qualche alibi

Slongo: «Prevenire la crisi è un’arte. È una lezione, ma può recuperare»

- DA UNO DEI NOSTRI INVIATI Marco Bonarrigo

I fantasmi gli danno appuntamen­to al santuario del Monte Berico, vista splendida su Vicenza e sul vincitore nobile di una tappa mefistofel­ica, il campione del mondo belga Philippe Gilbert. In cima, sotto il temporale che ha inzuppato il gruppo sbriciolan­dolo in due tronconi, tra scivolate, dritti in curva, numeri da circo per rimanere in piedi e ruote di carbonio che stridono, Fabio Aru arriva sfigurato da 190 chilometri corsi a rotta di collo (media della prima ora 52 km/ h, della seconda 48,3) dalla Romagna al Veneto: la tappa è stata così veloce da impedirgli di alimentars­i come si deve e il fisico gli ha chiesto il conto in rate spietate, al Gpm dei Colli Berici prima (spunto di Contador, Aru lento a reagire) e all’ultimo chilometro poi, erto come le montagne vere, bagnato da far schifo, tenero solo con quel diavolo di Contador.

«Sono andato in crisi di zuccheri nel finale, ho sbagliato io e ho pagato. Solo questo. Può capitare. Nel ciclismo non si smette mai di imparare», ammette Fabio affrettand­o il passo verso il calduccio del pullman, la doccia, il massaggio, la razione doppia di riso con l’olio e le parole buone di zio Tiralongo.

Per Aru, in questo Giro d’Italia che da Sanremo è un terremoto del nono grado della scala Mercalli per polmoni e gambe («Siamo stanchi come dopo tre settimane», conferma Gilbert), è il pomeriggio di un giovedì da cani, il peggiore fin qui. I gialli della Tinkoff tirano sotto la pioggia con quanto fiato hanno in gola, imprimendo alla truppa un’andatura da motorini (ogni riferiment­o è puramente casuale), e Kangert mandato dall’Astana a fare da esca per cercare di sfilare gli abbuoni a Contador si rivela un’arma spuntata.

Il pistolero è lì, con il dito appoggiato sul grilletto: ha benzina ed esperienza per non farsi sorprender­e, chiude secondo, intasca 6’’ di bonus, gongola per gli 8’’ che zavorrano Aru, adesso staccato di 17’’ (era a più 3’’) in classifica generale. «L’ho visto in difficoltà e ne ho approfitta­to. Ogni giorno

Alibi numero uno: il termometro in picchiata. Alibi numero due: un’esperienza di corsa ancora limitata, conseguenz­a della giovane età. Scenario più sfavorevol­e (con la speranza che venga presto escluso): una stanchezza precoce dovuta a eccesso di fatica nella prima settimana di gara. Sono queste le ipotesi più accreditat­e della (mini?) crisi subita da Fabio Aru che gli è costata 14” di ritardo da Pistolero Contador. Dai 20/22 gradi di media delle prime dieci tappe, ieri la temperatur­a da Imola al Monte Berico è precipitat­a a 15, con l’aggravante della pioggia che nel finale ha abbassato ancora la temperatur­a del corpo. «Fabio — spiega Paolo Slongo,

Maglia rosa

Alberto Contador, 32 anni, arriva secondo sul traguardo di Vicenza dietro il belga Gilbert (Action Images) capo degli allenatori Astana — pesa 61 chili. In un atleta così magro i repentini cali di temperatur­a si compensano mangiando di più in corsa. In caso contrario la benzina finisce senza preavviso e le gambe non rispondono più». Per i dietologi, quel «mangiare di più» è quantifica­bile: una cinquantin­a di calorie per ogni grado in meno ovvero due barrette energetich­e o due panini in aggiunta al menù standard durante la corsa.

In tanti li hanno sbocconcel­lati negli ultimi 40 chilometri. Aru no. E quando il sardo ha capito che il serbatoio era in rosso non aveva possibilit­à di rimediare. «Non si tratta di negligenza — spiega Slongo — ma di automatism­i che si apprendono con l’esperienza. Prevenire la fame è un’arte specie quando, come ieri nel finale, non c’è pianura e in discesa le mani non le puoi togliere dal manubrio».

E l’ultimo scenario, quello più fosco? I tecnici di Astana minimizzan­o. Vero: Aru ha speso tanto nella prima settimana, ma come lui tutti gli avversari. L’ipotesi dell’errore individual­e è sostenuta dal fatto che i suoi compagni di squadra (più anziani ed esperti) erano brillanti nel finale, pur essendosi sacrificat­i parecchio negli ultimi giorni. Paolo Slongo non minimizza i possibili effetti collateral­i della crisi, ma resta ottimista: «Se la tappa oggi fosse impegnativ­a, avrei qualche dubbio in vista della cronometro di domani. Ma essendo la più piatta del Giro credo che le condizioni per recuperare ci siano tutte». Il metro del recupero lo darà proprio la cronometro. Un minuto o meno perso da Contador: freghiamoc­i le mani. Tra uno e due minuti: restiamo ottimisti. Oltre i due minuti: cominciamo a preoccupar­ci.

Cronometro verità La cronometro di domani dirà la verità sulle condizioni del campioncin­o italiano

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