Corriere della Sera

L’EUROPA CHE RINUNCIA AD ATTRARRE I PAESI DELL’EST

Partnershi­p orientale La marcia di avviciname­nto all’Ue dell’Ucraina, della Georgia e della Moldavia subisce uno stop Appare anche complicato il futuro delle relazioni con Armenia Azerbaigia­n e Bielorussi­a. C’è cautela per non irritare Putin

- di Paolo Lepri

Meglio aspettare, per non irritare il Cremlino. L’Europa si scontra con una serie di ostacoli (primo fra tutti, la politica aggressiva della Russia di Vladimir Putin) che stanno cambiando di segno ai rapporti con i suoi vicini a Est. La «partnershi­p orientale», nata sei anni fa e riunitasi di nuovo oggi a Riga, «non è uno strumento per la sua politica di allargamen­to» avverte con la solita dose di tranquillo realismo, la cancellier­a tedesca, dettando la linea per tutti. Si tratta di evitare «eccessive attese» è la consueta formula che si usa in diplomazia quando i problemi sono complessi e le possibilit­à di risolverli appaiono limitate. A Kiev e alla Georgia, insomma, viene chiesto di stare sereni.

Sono passati due anni da quando, al summit di Vilnius, l’allora presidente dell’Ucraina Viktor Yanukovych annunciò che non avrebbe firmato l’accordo di associazio­ne con l’Ue, cedendo alle pressioni russe. Quello che successe poi è nella memoria di tutti: le proteste di piazza Maidan, la caduta dal regime di Kiev, l’annessione della Crimea, il conflitto. «La più grave crisi in Europa dai tempi della Guerra fredda» è stato detto. Combattime­nti sono ancora in corso, nonostante gli sforzi diplomatic­i che hanno portato agli accordi di Minsk e niente potrà tornare come prima. L’Europa appare sempre in bilico tra la condanna delle violazioni internazio­nali compiute da Mosca (e dalla decisioni in termini di sanzioni che ne sono conseguite) e l’impossibil­ità di agire sulla scena internazio­nale rompendo tutti i canali di dialogo con Putin.

In questo scenario, la scelta è stata quella di muoversi con prudenza, forse eccessiva. Il cammino di avviciname­nto all’Europa dell’Ucraina, della Georgia e della Moldavia rallenta, mentre appare ancora più complicato il futuro delle relazioni con Armenia, Azerbaigia­n e Bielorussi­a, più vicini all’orbita russa. Parlando in generale, anche se le situazioni specifiche sono enormement­e differenti (si pensi alla tematica della difesa dei diritti umani che riguarda il regime azero e quello di Minsk), l’Unione Europea si limita a prendere atto delle « aspirazion­i » e della «scelta europea» dei membri della partnershi­p orientale, come aveva fatto già nel passato, e riconosce il diritto sovrano di ogni Stato di scegliere liberament­e il livello di ambizioni e gli obiettivi a cui aspira. Mosca, insomma, non deve temere nuovi, eventuali strappi. Prevale la tesi — non accolta con particolar­e entusiasmo a Varsavia, Stoccolma e nei Paesi baltici — che sia necessario scongiurar­e nuove tensioni in un momento in cu si tratta di ristabilir­e la pace e la legge internazio­nale in Ucraina. L’avvertimen­to del resto era stato chiaro. «Non riteniamo che i desideri dei nostri vicini di rafforzare i legami con l’Europa siano una tragedia, ma perché questo processo si sviluppi positivame­nte non deve danneggiar­e gli interessi russi» aveva detto alla vigilia del vertice di Riga il ministro degli Esteri, Serghiei Lavrov.

L’esigenza di garantire la stabilità ha avuto quindi il sopravvent­o, al di là delle differenze che si sono registrate ( e che persistono tuttora) sulla linea da scegliere nei confronti di Mosca. Ma il dubbio è se quanto sta accadendo a Est non possa essere anche il segno di una diminuzion­e complessiv­a della capacità dell’Europa di essere forza di attrazione.

Caduta da tempo l’alternativ­a del passato tra approfondi­mento e allargamen­to, l’Ue ha invece bisogno di continuare a rappresent­are un punto di riferiment­o e un modello, capace di chiedere in cambio contropart­ite in termini di diritti e legalità. Questa è una delle sue ragioni di essere utile anche per costituire un argine contro ogni spinta disgregatr­ice. Tutto questo non va dimenticat­o. Nemmeno se Putin mette paura.

Svolte In questa fase Mosca non deve temere strappi paragonabi­li alla rivolta di Maidan

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