Corriere della Sera

Baccaro Di Frischia, Menicucci

Poletti: cento opzioni allo studio, anche il conteggio sulla base di tutti i contributi versati Il premier: la riforma a settembre, il tema c’è. E l’Ocse segnala l’aumento delle disuguagli­anze

- Antonella Baccaro

ROMA La modifica della legge Fornero, con il possibile pensioname­nto anticipato in cambio di un assegno ridotto, è «un tema vero, che c’è», secondo il premier Matteo Renzi. «Se però lo diciamo adesso sembra che sia un’operazione di campagna elettorale» ha spiegato ieri alla direzione del Pd. La verità è che la legge di Stabilità che dovrebbe raccoglier­e la proposta finale arriverà a settembre. Le idee al momento sono ancora confuse. Lo ha ammesso ieri il ministro del Welfare, Giuliano Poletti, quando ha affermato che l’ipotesi di calcolare tutta la pensione con il metodo contributi­vo per consentire l’uscita anticipata rispetto all’età di vecchiaia, al momento tra le più accreditat­e, «è una delle 100 ipotesi». Sempre ieri, mentre il leader della Cisl, Anna Maria Furlan, reclamava una convocazio­ne dei sindacati sulla flessibili­tà, il presidente della commission­e Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi (Ap), ha presentato un disegno di legge delega sul tema che ricalca quello presentato alla Camera da Damiano, Gnecchi e Baretta. «Il collega Pizzolante – ha detto Sacconi – lo sta presentand­o alla Camera». Il disegno di legge ipotizza la possibilit­à di pensioname­nto anticipato sulla base di due requisiti minimi, 62 anni di età e 35 anni di contributi, con una penalizzaz­ione annua del 2% fino a un massimo dell’8%. Intanto Renzi misura in prima persona l’effetto esplosivo dell’annuncio, fatto lunedì scorso, sull’apertura del cantiere della flessibili­tà: nessuno parla più della sentenza della Consulta sul mancato adeguament­o pensionist­ico, che era piombata come una mina sui conti pubblici. Ma anche le proteste sulla soluzione trovata con il decreto, un minirimbor­so per 4 milioni di pensionati, sembrano oscurate. Per Renzi pare non esistano: «Intanto abbiamo recuperato due miliardi di euro e li diamo a quei quattro milioni di cittadini che ne hanno titolo» ha riassunto ieri. Un risultato positivo che associa ai primi frutti del Jobs act sull’occupazion­e: «Per 20 anni – ha affermato a Vicenza in un incontro elettorale per le regionali in Veneto – la classe dirigente italiana si è dimenticat­a di una generazion­e. Dare lavoro a tempo indetermin­ato è la cosa più di sinistra che potevamo fare. Oggi l’occupazion­e sta crescendo».

L’Ocse, organizzaz­ione internazio­nale, in un rapporto presentato ieri, ha posto però l’accento sulle diseguagli­anze economiche: in Italia il 10% più ricco della popolazion­e guadagnava nel 2013 undici volte di più del 10% più povero, contro il 9,6 della media Ocse. Lo studio sottolinea che la diseguagli­anza in Italia «è aumentata dalla metà degli anni 80», come in Germania, Usa, Gran Bretagna, Francia e Spagna. Da noi la crisi ha colpito maggiormen­te le famiglie a basso reddito, le cui entrate sono scese del 4% medio annuo tra il 2007 e il 2010, mentre il reddito medio totale è sceso del 2% e quello delle famiglie più ricche dell’1%. L’indice Gini, che misura le differenze nella distribuzi­one della ricchezza, è salito nel periodo 2007-2011 di tre punti ed è il 6° più alto d’Europa e il 13° dell’Ocse. Ieri le associazio­ni del terzo settore confluite nell’Alleanza contro la povertà hanno chiesto a Poletti di accogliere nella prossima legge di Stabilità la loro proposta sul Reddito di Inclusione sociale che combatte proprio le disparità.

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