Corriere della Sera

«Preferibil­i» i contratti a livello aziendale perché difendono meglio l’occupazion­e

- Danilo Taino

dove l’economia ha una crescita potenziale maggiore. Primo, le riforme struttural­i e la flessibili­tà delle economie sono «vitali», devono diventare «parte del dna comune» dell’area euro e non essere più lasciate solo ai livelli nazionali ma trovare momenti di decisione a livello di eurozona: nel senso che sono la chiave per uscire dal basso tasso di crescita dell’economia del Vecchio Continente e dalla sua incapacità di creare occupazion­e. Secondo, chi dice che le riforme, all’inizio spesso dolorose, vanno rinviate a quando l’economia va meglio sbaglia: se disegnate bene, hanno effetti positivi a breve, soprattutt­o creano la fiducia necessaria a stimolare gli investimen­ti. Terzo, le banche centrali hanno il diritto di sottolinea­rne l’importanza in quanto, senza un’economia flessibile, la politica monetaria incontra ostacoli a funzionare e può dovere ricorrere a scelte non convenzion­ali, estreme, per cercare di superarli. Un punto di vista netto che ha occupato praticamen­te

Eurozona «Una governance a livello europeo» anche per le riforme dei singoli Paesi

tutta la relazione introdutti­va di Draghi al Forum di Sintra, Portogallo, l’incontro organizzat­o dalla Banca centrale europea (Bce) quest’anno dedicato al tema «inflazione e disoccupaz­ione».

Tra i tanti governator­i di banche centrali presenti e tra gli economisti, l’inatteso discorso ha avuto un impatto forte: da un lato ha segnalato la difficoltà della Bce a fare politica monetaria in un’area non solo diversific­ata ma anche segnata da numerose economie inefficien­ti e sclerotizz­ate; dall’altro è stato il richiamo probabilme­nte finora più forte ai governi affinché cambino – «prima lo si fa, meglio è» – l’economia europea. Draghi ha notato che un terzo dei discorsi dei membri del consiglio dei Governator­i questo ha rivendicat­o il diritto della banca centrale a parlarne, anche se le riforme le devono poi fare i governi. Discorso forte, tutto concentrat­o sulla necessità di intervenir­e sul lato dell’offerta economica, cioè del facilitare il fare impresa.

Il presidente della Bce ha anche sottolinea­to che le prospettiv­e dell’eurozona non sono «mai state così positive negli ultimi sette anni», mentre in tema di flessibili­tà ha detto che «è preferibil­e» la contrattaz­ione a livello aziendale perché difende meglio l’occupazion­e. Un commento a distanza è arrivato dal segretario della Cgil, Susanna Camusso: è facile pronostica­re una ripresa «dopo sette anni in arretramen­to».

Senza rispondere direttamen­te a Draghi, l’ex segretario al Tesoro americano Larry Summers ha offerto una lettura della situazione e del da farsi nettamente diversa da quella del presidente della Bce: tutta orientata al dovere sostenere la domanda. Un punto di vista sia americano sia keynesiano. Ha in sostanza ribadito la sua idea di «stagnazion­e secolare», cioè di una modificazi­one profonda intervenut­a nell’economia del mondo a causa della Grande crisi: con la creazione di una realtà economica nella quale si risparmia molto e si investe poco. A suo parere servono, dunque, «con urgenza», politiche di stimolo della domanda.

@danilotain­o

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