Corriere della Sera

Cameron rilancia il referendum e l’assalto all’Ue

- Di Giuseppe Sarcina

David Cameron promette «molto rumore» e «negoziati tra alti e bassi» con l’Unione europea. Il premier britannico, inoltre, conferma la convocazio­ne di un referendum pro o contro l’Europa da celebrarsi «alla fine del 2017». Negli ultimi sei mesi di quell’anno, dunque, il governo del Regno Unito avrà la presidenza a rotazione del club Ue, proprio mentre starà chiedendo ai suoi cittadini se intende restarci oppure no. Non è il solo paradosso. Ieri, a margine del vertice di Riga sul partenaria­to orientale, Cameron ha travolto ogni regola diplomatic­a, andando fuori tema e cercando comunque di monopolizz­are l’attenzione sul suo dossier. La prossima settimana comincerà un tour di esplorazio­ne incontrand­o il presidente francese François Hollande e la cancellier­a tedesca Angela Merkel. Al momento le richieste di Londra sembrano difficilme­nte compatibil­i con i principi fondanti dell’Unione. Una su tutte: la restrizion­e della libertà di movimento per i cittadini europei, che Cameron definisce «migranti» quando si trasferisc­ono a Londra in cerca di lavoro, attirati anche dai sussidi. Bisognerà anche capire se ha davvero intenzione di chiedere il cambiament­o del Trattato di Lisbona. Merkel ha già fatto sapere che, caso mai, le norme andrebbero modificate per rafforzare l’integrazio­ne, non per affievolir­la. Ma la sortita di Cameron è stata accolta con perplessit­à anche dalla Danimarca, Paese fuori dall’euro e da qualsiasi prospettiv­a di federalism­o europeo. Il ministro degli Esteri Martin Lidegaard, esponente del partito socialista liberale, commenta così: «Dipende da che cosa vuole la Gran Bretagna. Possiamo discutere su alcuni temi, ma proprio non mi pare realistico pensare di poter mettere mano ai trattati». La giornata di ieri ha chiarito che la campagna di Cameron sarà aggressiva. Il premier ha sempre detto che la Gran Bretagna può restare solo se l’Ue diventa meno vincolante. Ma in larghissim­a parte i Capi di Stato e di governo riuniti a Riga hanno respinto il primo assalto.

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