Corriere della Sera

«L’Europa ha dimenticat­o Falcone»

La sorella Maria: la mafia è vista come un problema italiano, gli Stati Uniti hanno più consapevol­ezza

- Felice Cavallaro

Maria Falcone (foto), sorella di Giovanni, ha organizzat­o un evento in collegamen­to con sei città italiane e alla presenza del presidente della Repubblica Mattarella

L’hanno chiamata «Palermo chiama Italia» la ventitrees­ima commemoraz­ione delle vittime di Capaci. Perché stamane tante scuole e associazio­ni antimafia si colleghera­nno da sei città con il bunker dell’Ucciardone, presente il Capo dello Stato Sergio Mattarella. Motivo di soddisfazi­one per Maria Falcone, guida della Fondazione Falcone: «Per avere anche i genitori a cca n to a i giovani. Per raggiunger­e 40 mila stud e n t i . Pe r riaccender­e davvero l’attenzione sull’antimafia».

Un velo offusca questo pianeta insidiato da inchieste su presunti «paladini», come il presidente dei commercian­ti colto a Palermo con la mazzetta in mano?

«C’è una sola antimafia buona. Quella dei ragazzi, degli insegnanti impegnati da anni. Se qualcuno approfitta del palcosceni­co per affari personali sono solo soggetti che strumental­izzano valori comunque da difendere. Tenere alta la guardia è il problema di sempre». Come fare? «Parlo della voglia delle istituzion­i di combattere il malaffare. La lotta alla mafia deve essere una costante, ma in questo momento non sembra il tema principale del Paese e del governo. Lo dico perché la mafia può approfitta­re di una tensione minore. Mentre nel dopostragi abbiamo acquisito una capacità investigat­iva e giudiziari­a di esempio per tutti». E gli altri Paesi? «I nostri tradiziona­li partner sono sempre stati gli americani. Non a caso arrivano anche quest’anno 30 agenti del Fbi. Purtroppo non c’è la stessa attenzione in Europa». Cosa rimprovera? « Forse avremmo dovuto chiamare questo anniversar­io ” Palermo chiama Europa”. L’Europa non ha sviluppato gli anticorpi giusti. Molte cancelleri­e, molti parlamenti in Europa pensano ancora che la mafia sia un affare italiano. Lo stesso errore commesso per i migranti. Guardano al Mediterran­eo e consideran­o la questione “un affare loro”, cioè nostro. E non sanno che mafia e migranti sono bombe che scoppieran­no nei loro Stati. Se vogliamo un’Europa politica, dobbiamo combattere in maniera corale i problemi che insidiano le democrazie».

Da Mattarella si attende questo invito all’Europa?

«Credo che Mattarella non abbia bisogno di me per capire la dimensione di questo problema. Lo direi di più a Renzi».

Nel governo prevalgono altri problemi?

«Ce ne sono tanti, a cominciare da quelli economici. Ma anche su questo la lotta alla mafia potrebbe aiutare: i beni confiscati che sfiorano i 50 miliardi di euro». Che cosa propone? «Di gestire sul serio questo ingente patrimonio. Non solo assegnando edifici e terreni a enti e associazio­ni, ma creando ricchezza, posti di lavoro. Occorre un manager alla guida, non un prefetto o un burocrate. Né il problema può essere costituito dal luogo in cui ha sede l’agenzia. Il problema non è dove sta, ma che cosa fa».

I beni confiscati valgono 50 miliardi, è ora di farli fruttare: anche questa è antimafia

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Oggi ricorre il ventitrees­imo anniversar­io della strage di Capaci, in cui morirono Giovanni Falcone, la moglie e gli agenti della scorta

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