«Il cronista di domani? Fiuto e hi-tech»
I direttori dei grandi quotidiani americani al convegno dell’Osservatorio permanente giovani-editori Scott Jovane e la cessione di Rcs libri: tempi un po’ più lunghi. Mauri (Mondadori): scelta convinta
BAGNAIA (SIENA) Il giornalismo di qualità, quello che sa stabilire un rapporto di fiducia con i propri lettori non sparirà mai. Così come non spariranno mai i quotidiani. Ci saranno però molti esperimenti per capire come soddisfare una sempre più vasta platea di lettori. È questa la ricetta per le sfide future dei media fornita dai big dell’editoria mondiale che, da ieri, partecipano a Bagnaia al convegno «Crescere fra le righe» organizzato dall’Osservatorio permanente giovani-editori presieduto da Andrea Ceccherini. L’incontro si è aperto con la presentazione della ricerca di GfkEurisko su «Giovani e informazione» da cui emerge che i ragazzi riconoscono l’importanza dell’informazione mondiale. «Del resto crescono gli abbonamenti — ha spiegato Mark Thompson, presidente e ad del New York Times — ma il lettore paga solo se c’è qualità».
Proprio il quotidiano newyorkese ha cambiato il metodo di lavoro. «Al mattino — ha detto il direttore Dean Baquet — non scegliamo più solo quale giornalista seguirà la notizia, ma anche come e su quale piattaforma lo potrà fare al meglio e io non concentro più tante energie sulla riunione di prima pagina ma per studiare come raggiungere i lettori nelle 24 ore». L’innovazione è determinante anche per Gerard Baker, direttore del Wall Street Journal. «I nuovi assunti ne sanno molto più di me di tecnologia — ha aggiunto — e il nostro giornale si è adattato al cambiamento avendo presente che oggi più di prima occorrono ancora giornalisti professionisti che filtrano i comunicati cercando anche notizie nascoste».
Martin Baron, direttore del Washington Post, ha raccontato l’organizzazione del suo giornale. «Abbiamo un team che lavora di notte cercando le storie sul web — ha spiegato — per pubblicarle a chi si collega al mattino e abbiamo 40 persone che lavorano sui video perché siamo oltre il concetto di sito, guardiamo agli smartphone». Il direttore del Los Angeles Times, Davan Maharaj, pur sostenendo la necessità di innovare, ha ricordato come «sarebbe bello occuparsi solo del sito ma è un lusso che non possiamo permetterci perché l’80% dei ricavi viene ancora dalla carta». Pietro Scott Jovane, ad di Rcs, ha detto che «in Italia il 79% degli utenti online cerca notizie più di una volta al giorno e il 13% è disposto a pagare i contenuti web con una propensione a spendere che arriva fino al 29%. L’opportunità per gli editori di lavorare sulle piattaforme web, quindi, c’è, ma bisogna fare una corsa contro il tempo».
Nei corridoi di Bagnaia si è parlato anche della possibile cessione di Rcs libri. «Sta iniziando la seconda fase della due diligence, che avevamo previsto — ha spiegato Jovane — e le cose procedono. Il 29 maggio è una scadenza iniziale che abbiamo dato ma non è escluso che si allunghino un attimo i tempi, per permettere a Mondadori di completare il suo lavoro». Anche per Ernesto Mauri, ad di Mondadori, «magari ci sarà qualche slittamento, ma la nostra è una scelta convinta, strategica, importante e siamo convinti più di prima».