Corriere della Sera

SE IL TRASFORMIS­MO FA BENE ALLE RIFORME

Da Depretis a Renzi, l’impossibil­ità di un’alternanza sta nelle corde del Paese. La competizio­ne tra schieramen­ti è preferibil­e, ma il sostegno trasversal­e a un esecutivo può rivelarsi utile a un processo di modernizza­zione

- Di Michele Salvati

Inostri politici studierann­o i risultati delle imminenti elezioni regionali con lo stesso interesse che gli aruspici romani dedicavano alle viscere dell’animale prescelto per il vaticinio. Dalle regionali si trarranno poi congetture per le più lontane elezioni nazionali: continuerà la resistibil­e ascesa di Matteo Renzi e il disfacimen­to di Forza Italia? Riuscirà Salvini a estendere la sua influenza a tutto il Paese? Il disgusto e l’indignazio­ne per la politica continuera­nno a gonfiare le vele dei Cinque Stelle? Nessuno può negare che si tratti di interrogat­ivi importanti, meritevoli di analisi, sondaggi e vaticini. Credo però che cittadini, politici e commentato­ri debbano rassegnars­i ad una fase non breve di instabilit­à e di incertezza, diversa sia dalla facile prevedibil­ità della Prima Repubblica (prevalenza sicura della Dc e dei suoi alleati), sia da quella della Seconda (vittoria o sconfitta di Berlusconi e alleati contro sinistra e alleati), esito questo meno facile da prevedere ma inquadrato in uno schema bipolare chiaro. Questo schema oggi è in pezzi e quale sia quello che lo sostituirà è per ora ignoto.

In un editoriale di grande interesse ( Corriere della Sera, 17 maggio) Ernesto Galli della Loggia vede nel nostro futuro quel che era già avvenuto nel passato, un esito trasformis­tico, l’impossibil­ità di organizzar­e stabilment­e la competizio­ne politica sulla base di due schieramen­ti. Alternativ­i sì, ma idonei a governare per il rispetto che entrambi nutrono per i principi del liberalism­o e della democrazia, per l’adeguatezz­a dell’analisi dei mali del Paese e delle riforme necessarie a contrastar­li, per la qualità delle classi dirigenti che possono mettere in campo: vogliamo chiamarli una destra e una sinistra civili? Il trasformis­mo di Depretis nasceva proprio dal riconoscim­ento che, raggiunta l’Unità attraverso il Regno, le vecchie passioni che avevano alimentato il conflitto tra destra monarchica e sinistra repubblica­na si andavano attenuando ed entrambe erano disposte a collaborar­e al compito gravoso di costruire un Paese moderno e rispettato. Collaborar­e tenendo ai margini le forze antisistem­a, quelle che si rifiutavan­o di accettare il fatto compiuto di un Regno laico e conservato­re: repubblica­ni intransige­nti, cattolici, socialisti. E, di nuovo, fu trasformis­tica l’esperienza di un passato più recente, la seconda parte della Prima Repubblica: la necessità di impedire l’accesso al governo del Pci «costrinse» a stare insieme forze politiche che in altri Paesi si alternavan­o al governo, democristi­ani e socialisti.

Insomma il trasformis­mo (in senso sistemico, l’impossibil­ità di alternanza, non solo il banale cambiar casacca per opportunis­mo individual­e) starebbe nelle corde profonde del nostro Paese e ora riemergere­bbe nelle forme del «partito della Nazione», il partito democratic­o di Renzi. Vedo anch’io le forze che oggi si oppongono ad una democrazia dell’alternanza: Berlusconi ha fallito nel suo compito — ma se l’era mai posto? — di creare un partito di centrodest­ra capace di buon governo, e che fosse in grado di reggere al declino inevitabil­e del suo potere carismatic­o. E non sarà né semplice, né rapido il processo che condurrà all’emersione di uno sfidante serio al Pd, anche a seguito della forza d’attrazione che la sua linea riformatri­ce e centrista esercita sui ceti più moderati e governativ­i del centrodest­ra.

Faccio però fatica a paragonare questa incipiente fase di centrismo con le due lunghe fasi storiche cui Galli della Loggia si riferisce: le forze che impedivano l’alternanza allora erano assai più potenti di quelle che la rendono difficile ora. Oggi il suffragio è universale, la legge elettorale si limita a concedere un premio di maggioranz­a non diverso da quello che con diversi metodi il partito più votato ottiene in altri Paesi democratic­i, e non c’è alcuna conventio ad excludendu­m come quella che ostacolava l’accesso al governo del Pci nella Prima Repubblica: se Grillo o Salvini ottengono più voti di Renzi, governano loro.

Io resto un sostenitor­e di una democrazia competitiv­a, che consenta alternanza di governo. E spero che il centrodest­ra sia in grado di trovare un campione credibile in tempi non biblici. Ma se l’attuale governo soddisfa gli elettori non vedo cosa ci sia di male se esso viene sostenuto da ceti sociali e da politici che in passato avevano appoggiato governi di diverso colore. «Se qualchedun­o vuole entrare nelle nostre file, se vuole accettare il mio modesto programma, se vuole trasformar­si e diventare progressis­ta, come posso io respingerl­o?»: questa è la famosa frase di Depretis che diede origine all’epiteto di «trasformis­mo» (G. Sabbatucci, Il trasformis­mo come sistema, Laterza, 2003). In un italiano più moderno potrebbe averla detta Renzi — di fatto ha spesso sostenuto tesi simili — e la troverei assennata: se la competizio­ne non è esclusa, un po’ di centrismo e di stabilità governativ­a possono anche favorire un processo riformator­e.

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