Il tubino nero è cambiato
Abbandonata la linea «austera» resa celebre da Audrey Hepburn, viene usato la mattina come pezzo passepartout, al posto del tailleur
In pizzo ad «A» quello di Emma Stone (Oscar De La Renta), in pelle e pizzo a sacchetto con frange per Charlize Theron (Valentino), con l’orlo asimmetrico, scivolato, un po’ Bella Epoque per Naomi Watts (Piter Pilotto), con la gonna a pieghe e la scollatura design su Sienna Miller (Prada). Le attrici hanno rilanciato il tubino nero per il loro arrivo sulla Croisette. E poiché le star oggi sono le vere icone della moda che ha bisogno di identificarsi con corpi e nomi per farsi notare, gli stilisti sembrano voler riproporre la «petite robe noir» con lo stesso spirito con cui la creò Coco Chanel nel 1926: incoraggiare le donne a essere eleganti, ma semplificare loro la vita.
Mademoiselle ai tempi fece scalpore con il suo modello scollato e senza maniche in tessuto delicato con una sorta di gilet che scende ad onda sulla tunichina al ginocchio (definito dai detrattori «moda per piccole telegrafiste sotto alimentate»), ma conquistò subito le donne. Novant’anni dopo lo stesso stile morbido, adatto a muoversi sul corpo a tempo di charleston — il ritmo che meglio di ogni altro interpretava il nuovo desiderio di libertà della donna moderna — ha dominato la scena al Festival di Cannes.
Potere della moda, oggi quel vestitino mondano anti-formalismo disegnato da Coco ci sembra più desiderabile e pure più chic rispetto al tubino austero reso immortale da Edith Piaf, Juliette Grecò, Rita Hayworth, Audrey Hepburn, Anita Ekberg, donne che ne fecero il simbolo del loro stile. «Oggi più che mai si arricchisce di dettagli e si ammorbidisce nelle linee, pronto per un uso più quotidiano», osservano gli stilisti Tommaso Aquilano e Roberto Rimondi.
Molto meno tubino, molto più «vestitello» o «scemarello» come lo definì Camilla Cederna nel 1953 per sottolinearne il pregio di andare bene in ogni occasione.
Come insegnano le americane, oggi viene usato la mattina come pezzo passe-partout che sostituisce il tailleur. Più attuale e divertente per la sua capacità di rappresentare vizi e virtù. «Con una maglia o una felpa e la sneaker o una ballerina fa subito sportiva che è quello che le donne vogliono in questo momento — continua Roberto Rimondi —. Poi nella borsa portano un
paio di sandali con il tacco o una scarpa maschile e sono subito pronte per il cocktail». Ma anche la classica definizione di « Little Black Dress», abbreviata in LBD da inglesi e americani, oggi sembra riduttiva, perché nella primaveraestate a colori gli stilisti si sono sbizzarriti a creare varianti per ogni tipo di donna. Chiara Boni, che già nel 2007 ha voluto battezzare la sua griffe semplicemente «Petite Robe» ha appena lanciato sul sito di e-commerce l’iniziativa Shake your
dress: «Diamo la possibilità di ordinare il tubino scegliendo il colore e la taglia», spiega la designer.
A proposito di stile, Aquilano e Rimondi consigliano di privilegiare la forma ad «A» con il corpino e la gonna un po’ gonfia se si devono mascherare i fianchi, al contrario, la scollatura e una forma a sacchetto slancia chi è più abbondante nella parte superiore del corpo. A sorpresa i due stilisti ammettono che «i modelli più originali e sorprendenti sono sempre quelli di Dolce & Gabbana». E infatti sono molte le star testimonial del tubino D&G, da Naomi Campbell che ha reso subito rock il classico vestitino aggiungendo un bustier in pelle, a Eva Herzigova che predilige il modello classico con le maniche tre quarti. «Il LBD è quasi uno status symbol: ti fa sempre sembrare elegante, ma senza rinunciare a un tocco di spontaneità, di dinamismo», continuano gli esperti. E proprio per questo è sparito dalle grandi feste della notte dove ormai è di rigore il lungo. «Le donne lo indossano di giorno come capo facile poi, quando cala il buio, tutte sognano un abito da Fishtail (sirena) come quello che ormai sfoggiano tutte sul tappeto rosso. Ma, bisogna dirlo, in tempo di crisi i vestiti griffati vengono solo prestati. Passata la festa bisogna renderli».