«Ecco come ho venduto 23 milioni di braccialetti »
Luca Caprai di Cruciani: le mie regole per crescere
Quattro anni dopo il lancio del primo braccialetto — e dopo averne venduti 23 milioni — Luca Caprai di Cruciani traccia il bilancio di un’avventura cominciata fra mille perplessità (non sue, degli altri). Se l’idea è riuscita a crescere, tanto da divenire un caso aziendale di successo, è perché Caprai l’ha affrontata e gestita con un piglio scientifico, ancora prima che imprenditoriale. Nulla è stato lasciato al caso, e questa di per sé è una bella lezione.
Ma come fare per continuare a crescere al ritmo del 25% l’anno? Prima regola: «Non dobbiamo inflazionarci — risponde Caprai —. È difficilissimo tenere in vita un prodotto, soprattutto con questi tassi di crescita. C’è chi, pur di fare turnover, esce con qualsiasi cosa. Noi no: bisogna avere il coraggio di buttare via un’idea e ricominciare daccapo. Puntiamo tutto sulla progettazione, cerchiamo di capire cosa piace, mercato per mercato». Fondamentale, insiste Caprai, è porsi la domanda: c’è mercato? «Se la risposta è no, bisogna fermarsi. I nostri braccialetti sono nati nel periodo in cui Tiffany, marchio di lusso, usciva con prodotti più accessibili. Ha illuminato il cammino a tanti».
Seconda regola: bisogna avere la mente aperta, ma senza deragliare dalla propria strada. «Lasciamo perdere tutto quello che non rientra nelle nostre strategie. Per esempio, ho visto bellissimi orecchini in pizzo macramè, potremmo farli, ma sono un mercato diverso rispetto ai braccialetti e ci porterebbe fuori strada». Terza: «Bisogna pensare in grande: l’ho scritto anche sui muri del nostro ufficio a Ney York. E se vuoi fare le cose in grande non puoi stare o Foligno, dove è nata la mia azienda, e neanche a Milano. Devi viaggiare, vedere, conoscere i mercati in cui vuoi entrare. L’idea di fare i “colonizzatori” è molto Anni 80. Nessun mercato si lascia più colonizzare. Per conquistarlo, devi entrare dentro i gusti, le tradizioni, le passioni locali. E adeguarti».
Quanto è importante farsi conoscere? «Una comunicazione efficace è vitale: non so quante aziende sono morte perché non sono riuscite a far conoscere il loro tesoro nascosto. Tagliare la comunicazione è come chiudere gli occhi alle persone. O ci facciamo conoscere o giochiamo da soli » . «Oggi avere un’impresa — conclude Caprai — significa coordinare un insieme di competenze. L’idea è il fuoco che anima l’azienda, ma se non è protetta e strutturata, si spegne in fretta. La creatività è vitale, ma non sufficiente. Il lavoro più difficile è darsi una forte struttura: i numeri sono solo una conseguenza».