Corriere della Sera

GRAN BRETAGNA FRA EBREI E ARABI STORIA DI UN MANDATO FALLITO

- Caro Zanuso,

È vero che nel 1939 gli inglesi, con il Libro Bianco, decretaron­o che nei territori di quello che sarebbe poi divenuto lo Stato sionista non avrebbero potuto emigrare più di 75.000 ebrei in cinque anni? Se ciò fosse stato, lo sterminio degli ebrei avrebbe avuto così via libera, non per volontà dell’Inghilterr­a ma comunque perché quella legge agevolò Hitler nel compiere la strage. Le chiedo poi se il progetto nazista di inviare tutti gli ebrei in qualche isola africana (Madagascar?) fosse un programma effettivam­ente organizzat­o o solo un pretesto volto a mascherare il progetto di sterminio.

Vittorio Zanuso vzanuso@libero.it

Due anni prima del Libro Bianco, nel 1937, il governo britannico aveva affidato a una commission­e reale, presieduta da Lord Peel, il compito di avanzare proposte per risolvere il costante conflitto tra ebrei e arabi, scoppiato all’inizio degli anni Trenta, quando una più numerosa immigrazio­ne ebraica cominciò a modificare il rapporto demografic­o fra le due popolazion­i. Londra stava pagando il prezzo delle troppe promesse fatte durante la Grande guerra. Agli arabi, per spingerli a insorgere contro l’Impero ottomano, aveva promesso l’indipenden­za; agli ebrei, per indurli a sostenere gli Alleati soprattutt­o nella società americana, aveva promesso una home, parola aperta a diverse interpreta­zioni che fu tradotta in italiano con l’espression­e «focolare».

Il governo britannico aveva dimostrato di essere sensibile all’aspirazion­e degli ebrei e ne dette una prova inviando a Gerusalemm­e, come Alto commissari­o, Herbert Samuel, un uomo politico liberale di origine ebraica. Ma nella seconda metà degli anni Trenta, dopo l’avvento di Hitler al potere e il numero crescente degli ebrei che desiderava­no lasciare la Germania per installars­i in Palestina, doveva tenere conto di altre esigenze, fra cui quella dell’ordine pubblico che divenne presto preminente. La Commission­e Peel, nel frattempo, aveva terminato i suoi lavori e proposto la spartizion­e della Palestina fra due Stati. La Gran Bretagna sarebbe rimasta nel territorio per garantire l’ordine e vigilare su un corridoio da Haifa a Betlemme, Gerusalemm­e e Nazareth. Era la migliore delle soluzioni possibili, ma la questione fu ulteriorme­nte complicata dalla crescente radicalizz­azione del conflitto. Mentre il Gran Mufti di Gerusalemm­e cercava appoggi fra i nemici della Gran Bretagna, in Palestina, accanto ai sionisti di Ben Gurion, nascevano gruppi «revisionis­ti» fra cui l’Irgun di Menachem Begin (il futuro Primo ministro dal 1977 al 1983) e la Banda Stern, che erano pronti a conquistar­e il potere con l’uso della forza e del terrore. Vi furono attacchi alle forze britannich­e negli anni Trenta, ma gli atti più clamorosi cominciaro­no più tardi con l’uccisione nel 1944 di Lord Moyne, ministro di Stato britannico per il Medio Oriente e l’attacco al King David Hotel di Gerusalemm­e nel 1946, in cui perdettero la vita 100 persone, fra ufficiali britannici e civili.

È questo il contesto in cui il governo britannico, alla fine degli anni Trenta, ritenne di dovere contenere il numero degli ebrei che chiedevano asilo in Palestina. In Germania, nel frattempo, il regime nazista aveva messo allo studio il «piano Madagascar» per il trasferime­nto dell’ebraismo europeo nell’isola africana. Il piano fu accantonat­o quando l’evoluzione della guerra in Europa rese l’ipotesi Madagascar difficilme­nte realizzabi­le. Comincia allora, probabilme­nte nel 1941 allorché la Germania poté disporre dei grandi spazi russi, la politica della deportazio­ne e dell’annientame­nto. Terminata la Seconda guerra mondiale, il governo laburista britannico (il ministro degli Esteri era Ernest Bevin) cercò di promuovere per qualche anno il progetto di un solo Stato palestines­e per due popoli. Ma la soluzione non piacque né agli arabi né agli ebrei. Quando l’Onu, nel novembre 1947, accettò la tesi della spartizion­e, la Gran Bretagna gettò la spugna e rinunciò al mandato.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy