Corriere della Sera

«Unioni civili, la legge dopo il voto» Il passo di Boschi. E Berlusconi apre

L’effetto del referendum irlandese Oggi in Vaticano la riflession­e su gay e divorziati

- Arachi, De Carolis Foschini, Vecchi

Unioni civili per gli omosessual­i, dopo la vittoria dei «sì» al referendum irlandese, la ministra delle Riforme Maria Elena Boschi ipotizza una regolament­azione legislativ­a in Italia: «Credo che dopo la pausa elettorale ripartirà in Parlamento il dibattito » . Apertura dell’ex premier Silvio Berlusconi. E oggi in Vaticano seminario e riflession­i su gay e divorziati.

LONDRA Il primo Paese al mondo a cambiare la costituzio­ne a favore delle nozze gay con un referendum: quando l’arcivescov­o di Dublino, Diarmuid Martin, parla di «rivoluzion­e sociale» non esagera. L’esito irlandese — i sì hanno vinto con il 62% dei voti — conferma che il Paese è proiettato verso la modernità e che il rapporto con la Chiesa cattolica è cambiato radicalmen­te.

Sembra quasi impossibil­e, oggi, credere che l’omosessual­ità sia stata illegale, sulla cosiddetta isola verde, sino al 1993, o che nel referendum sul divorzio, nel 1987, la maggioranz­a della popolazion­e abbia votato no (il divorzio venne approvato nel 1995). Quanta strada in poco tempo.

Per la Chiesa, secondo Martin, è arrivato il momento di riflettere. «Dobbiamo renderci conto di quale sia la realtà e smettere di negare l’evidenza», ha sottolinea­to l’arcivescov­o. «Capisco perfettame­nte come possono sentirsi oggi uomini e donne gay o lesbiche. Noi della Chiesa dobbiamo prendere atto del fatto che la maggior parte di coloro che hanno votato sì ha trascorso 12 anni nelle nostre scuole cattoliche. La sfida adesso è capire come comunicare il nostro messaggio alla popolazion­e».

Una sfida particolar­mente difficile sullo sfondo del calo delle presenze in chiesa. Se negli Anni 70 il 90% della popolazion­e si recava a messa la domenica, il totale oggi è sceso al 32%. Secondo l’arcivescov­o, a Dublino è ancora inferiore: 18%.

La relazione tra popolazion­e e Chiesa ha sofferto sicurament­e a causa degli scandali sulla pedofilia nonché i casi di violenza psicologic­a e fisica di preti e suore nelle scuole, nelle case di cura, negli ospedali, ma il cambiament­o è anche frutto di una modernizza­zione che ha portato l’Irlanda negli anni del «miracolo della tigre celtica» a livelli di agiatezza economica mai visti e che ha aperto il Paese ad altre influenze.

L’Irlanda di oggi è più liberale, aperta verso altre culture e altri modi di pensare. Sono soprattutt­o i giovani ad aver votato sì in un referendum che ha portato alle urne più persone di quello per approvare l’accordo di pace del Venerdì Santo. Per Tom Curran, segretario generale del partito di governo Fine Gael, «è un giorno meraviglio­so». E’ fedele, ha un figlio gay. «Siamo tornati ai valori di decenza, onestà e uguaglianz­a», ha detto. «Tutti i miei figli adesso hanno gli stessi diritti».

Il referendum non va necessaria­mente letto come un no alla Chiesa: pur essendo contraria a una ridefinizi­one del matrimonio, la Chiesa, ha sottolinea­to l’arcivescov­o, «non è chiusa per nessuno». Lui ha votato no, ma mesi fa, quando si è trattato di organizzar­e la campagna per il referendum, rinunciò al ruolo di coordinato­re. «Non ho nessuna voglia di far ingurgitar­e le mie vedute agli altri», spiegò con semplicità. «Chi non mostra amore e comprensio­ne verso gay e lesbiche insulta Dio. Dio ama tutti».

In sordina, insomma, anche la Chiesa cambia. A gennaio, padre Martin Dolan, parroco della chiesa di St Nicholas, a Dublino, dichiarò durante la predica non solo di essere a favore della nozze gay, ma anche di essere omosessual­e. Dieci anni fa non sarebbe stato possibile. Nella Dublino del 2015 i fedeli si sono alzati in piedi e gli hanno battuto le mani.

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Messa Preghiera in una chiesa di Drumcliffe, Irlanda, alla presenza del principe Carlo

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