Corriere della Sera

La strategia dei creditori: alla fine la Grecia cederà in cambio di nuovi aiuti

- @16febbraio © RIPRODUZIO­NE RISERVATA di Giuliana Ferraino

Il paradosso della crisi greca è che nemmeno un accordo in extremis tra Atene e i suoi creditori, per scongelare l’ultima tranche di aiuti da 7,2 miliardi di euro, basterà a superare la crisi ellenica. Senza un nuovo piano per soccorrere Atene, il terzo dopo i salvataggi del 2011 e del 2012, per 240 miliardi complessiv­i, un’intesa servirebbe soltanto a scongiurar­e un default in giugno, quando il governo greco dovrà rimborsare, in 4 rate, circa 1,6 miliardi al Fondo monetario internazio­nale (Fmi). La prima rata, 302,8 milioni, scade il 5 del mese. Ma un nuovo bailout della Grecia oggi è tutt’altro che scontato.

L’estensione di 4 mesi al programma di aiuti, concessa a fine gennaio dopo la vittoria alle elezioni di Syriza, il partito di sinistra radicale, si è trasformat­a in trattative estenuanti tra il governo guidato da Alexis Tsipras e i creditori. I negoziati sono in stallo perché «il governo ellenico non ha la capacità tecnica di presentare un serio piano di riforme» per un compromess­o, sostiene un osservator­e vicino alla trattativa.

Il dramma è che, a tempo quasi scaduto, tutte le parti in gioco sono nell’angolo. Syriza ha vinto le elezioni promettend­o la fine dell’austerità e la cacciata della troika ( Fmi, Ue e Bce). Ma cambiarle sempliceme­nte il nome non ha mutato la sostanza. Per l’Eurogruppo e il Fmi sono prioritari­e le riforme su pensioni e mercato del lavoro, i settori su cui il governo Tsipras ha messo una «linea rossa» e per i quali non accetta nuovi sacrifici, né umiliazion­i. Piuttosto sarà default, minacciano i suoi ministri.

Un default, di fatto, Atene lo ha già dichiarato, senza chiamarlo così, nel marzo del 2012, dopo l’approvazio­ne del secondo pacchetto di aiuti da 130 miliardi nella notte tra il 20 e il 21 febbraio. I detentori privati di titoli di Stato greco hanno dovuto accettare la ristruttur­azione del debito con un haircut (taglio) di oltre il 50% del valore nominale dei bond e l’allungamen­to delle scadenze. Oggi a subire sarebbe un’istituzion­e internazio­nale, che già il 12 maggio ha visto Atene rimborsare una rata da 750 milioni prelevando fondi di riserva presso lo stesso Fmi.

Di fronte all’insolvenza, ad Atene resterebbe­ro i fondi di emergenza della Bce alle banche greche, saliti fino a 80 miliardi per controbila­nciare i ritiri dai depositi . L’accesso al credito dell’Eurotower, in cambio di titoli di Stato greco usati come collateral­i, resterà aperto finché le banche saranno solventi. Perché Atene non può finanziars­i a breve termine direttamen­te sul mercato.

La via d’uscita? «Quando il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselble­om, dice che la soluzione alla crisi greca può essere solo politica», ammette una fonte influente dei creditori al Corriere, «intende dire che i partner europei devono decidere se possono accettare e permetters­i l’uscita di Atene dall’euro. Politicame­nte possono farlo, anche se nessuno vuole fare la prima mossa. Sarebbe preferibil­e un incidente».

La novità è che la «Grexit», l’uscita della Grecia dall’unione monetaria, «non è più un tabù», anche se per il mercato sarebbe la peggiore delle soluzioni possibili. Perché, per quanto oggi le economie dell’eurozona siano più solide rispetto al 2011 e al 2012, provochere­bbe «un terremoto politico», visto che i governi dell’eurozona hanno in mano circa 200 miliardi del debito greco. Sarebbe difficile, soprattutt­o per la cancellier­a Angela Merkel, giustifica­rsi davanti al proprio partito, la Cdu, e agli elettori. Un tale evento scuoterebb­e i mercati globali, perché farebbe venir meno la fiducia, che è alla base di ogni relazione politica e finanziari­a. Perciò alla fine la convenienz­a politica potrebbe convincere Atene a cedere qualcosa di più, in cambio di un nuovo programma di aiuti su basi nuove, da cui potrebbe però sfilarsi il Fmi. Questo pensano i creditori. E questo sa anche il governo di Atene, persino quando per voce del ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, arriva ad azzardare la fine dell’euro in caso di Grexit.

La ristruttur­azione Gli investitor­i privati hanno accettato nel 2012 un taglio di oltre il 50% sui bond I fondi di emergenza Di fronte all’insolvenza resterebbe­ro i fondi di emergenza della Bce saliti a 80 miliardi

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